Labyrinth – Track-by-track di ‘Architecture Of A God’

Il 20/03/2017, di .

In: .

Labyrinth – Track-by-track di ‘Architecture Of A God’

In esclusiva per i lettori di Metal Hammer Italia, presentiamo un ricco track-by-track dell’atteso ‘Architecture Of A God’, l’atteso ritorno discografico dei Labyrinth. A più di cinque anni di distanza dal buono ‘Return To Heaven Denied Denied, pt.2 – A Midnight Autumn’s Dream’, la storica prog/power band italiana rilascia sotto al colosso Frontiers e con una formazione rinnovata per metà un lavoro solido ed importante, gravido della personalità della band da tutti i pori ma che non disdegna però nemmeno di guardare fugacemente in altre direzioni, oppure di usare in maniera intelligente e diversa le caratteristiche dei tre nuovi arrivati. Vi auguriamo una buona lettura!

‘Bullets’
La introduzione atmosferica di Smirnoff sfocia presto in un riffing serrato, ma non velocissimo, togliendoci subito l’illusione di una partenza power alla ‘Moonlight’. Forse meglio così, visot che il pezzo si fa decisamente apprezzare utilizzando altre armi, tra cui la autoritaria e invece decisamente power entrata di Tiranti, subito a suo agio sulle note alte di una strofa dall’andamento piuttosto urgente. Cantanto e riffing si stemperano in fretta su un ottimo bridge catchy e su un ritornello stranamente più lento, ma ottimamente sottolineato dall’altissima melodicità. Come sempre degno di nota il duello strumentale centrale, che mette in mostra le doti solista della coppia Thorsen/Cantarelli ma anche l’abilità del neoentrato Smirnoff.

‘Still Alive’
Il basso iniziale spinge il pezzo sulla pista di decollo ed il riffing successivo da fuoco ai motori, riempiendo il sound di questo buon up-tempo con eleganti tastiere dal piglio drammatico. Il cantato di Tiranti, meno spinto e più meditabondo, sottolinea ancora una volta buone strofe, facendo guadagnare quota la pezzo fino ad un ritornello veramente buono, ben definito e di istantanea presa. Il brano si pone subito come superiore al primo, è più coinvolgente e dinamico, e in generale introduce meglio l’ascoltatore al clima dell’intero album, facendo presupporre che si potranno ascoltare anche delle piacevoli novità.

‘Take On My Legacy’
Il terzo brano è invece la classica tirata power che ci aspettavamo in apertura. Tempi ovviamente molto veloci, batteria in doppia cassa perenne e rapido riffing in sedicesimi sono le caratteristiche base di un brano in uno stile in cui Labyrinth hanno sempre eccelso. Nonostante la somiglianza quantomeno strutturale a brani tra quelli che preferiamo come ‘Like a Thunder’, questo è chiaramente il tipo di canzone da cui ci aspettiamo molto dai Labyrinth, e quindi per questo rimaniamo (seppure solo parzialmente) delusi. Il pezzo infatti è piùttosto standard, e finora rispetto alla freschezza degli altri, ci ha preso un po’ di meno. Non dubitiamo però della sua assoluta portabilità ‘on stage’. Supponiamo sarà infatti un vero piacere sentirlo proposto ai concerti…

‘A New Dream’
Ricalcando in maniera un po’ gigiona l’andamento della tracklist di ‘Return To Heaven Denied’, dopo la ‘Lady Lost In Time’ dell’occasione segue subito un pezzo più melodico e arioso. Introdotto da un delicato arpeggio di pura marca ‘Labyrinth, questo brano – usato anche come singolo – fa di una buona eleganza e di un interessante fraseggio i propri punti di forza, relegando le melodie a un ruolo di minore impatto più legato però all’approccio progressivo del brano. Gli assoli, vibranti e carichi di feeling, sono però il vero pnto di forza di questa canzone, e ci mostrano una coppia Thorsen/Cantarelli quanto mai ispirata in fase solistica.

‘Someone Says’
L’andamento dell’album si stempera su composizioni meno veloci ma dal fraseggio ben costruito e dall’ascoltabilità elevata. Anche in questo caso la canzone mostra ottime melodie, un bridge in crescendo e un ritornello ancora una volta vincente, caratteristiche che rendono questo brano uno dei pezzi più easy-listening dell’intero brano. Simile nel costrutto e nello stile alle varie ‘Piece Of Time’, ‘Kathreen’ dei primi album, anche questa canzone potrebbe diventare un futuro classico per la band. Presente e sempre protagonista è il lavoro di cesello di Smirnoff, davvero un grande mattatore al posto del grande De Paoli, cui eravamo molto affezionati.

‘Random Logic’
Una intro pianistica, arricchita da misteriose vocals in lingua madre. Il corto brano ha una funzione sicuramente introduttiva, però è da notare come non si faccia mancare lo stesso la possibilità di funzionare da ennesimo palcoscenico per Oleg Smirnoff, anche qui in grande spolvero. I vocalizzi di Tiranti si infilano poi piano nella trama della canzone, creando un effetto di attesa davvero ben riuscito.

‘Architecture Of A God’
L’effetto di anticipazione della intro precedente sfuma in un interessante effetto sonoro affidato sempre a Smirnoff. Su questo insistente suono si stende un dolce arpeggio che supporta un cantato basso e meditativo di Tiranti, come sempre a suo agio su queste tonalità soffuse. L’esplosione elettrica avviene in prossimità di un riff grandioso, il quale sottolineerà da lì in avanti soltanto le strofe portanti, lasciando che la potenza liberata in quel frangente si stemperi invece in un dolce arpeggio in corrispondenza dell’ipotetico brdige. Parimenti allo stemperarsi delle chitarre, anche il cantato rallenta, diventando ancora una volta aperto e melodico. A seguito di quello che supponiamo essere il ritornello, il brano sfuma poi una parte piuttosto liquida e destrutturata, affidata ancora una volta ai vocalizzi di Tiranti e sottolineata dai suoni atmosferici dell’onnipresente Smirnoff. Il riff che abbiamo sentito in introduzione riprende poi forza, saltando a piè pari la supposta parte strumentale e riproponendo invece nuovamente le belle strofe e l’etereo ritornello. La canzone finisce senza mai mantenere una struttura precisa, guadagnandosi la palma di pezzo più progressive dell’intero lavoro. Persiste però l’impressione forte di aver ascoltato un grande pezzo…

‘Children’
Già in passato i Labyrinth hanno giocato con l’elettronica, arricchendo brani tipicamente metal con suoni veramente al limite con la dance. Su questo brano la contaminazione è limitata, ma è subito chiaro come ‘Children’ presenti a conti fatti lo stesso approccio e lo stesso sound di ‘Vertigo’, o ‘Feeling’. Strumentale di stampo chitarristico, sfrutta melodie ben costruite e ripetute per alternarle ai ricchi passaggi suonati dal solito, stellare, Smirnoff. L’intero brano, tra l’altro, dovrebbe essere una cover, o meglio una rivisitazione, di un brano originariamente di Robert Miles. Che dire: l’arrangiamento in chiave Labyrinth è sicuramente ben riuscito.

‘Those Days’
Dopo i fuochi d’artificio della tamarra ‘Children’, ci attende invece di nuovo un brano elegante dall’incedere malinconico, affidato a strofe molto aperte di Tiranti e sorretto da continui arpeggi e opulenti arrangiamenti. Anche questo brano è tipicamente Labyrinth, e abbraccia il lato più progressivo del gruppo, richiamando le varie ‘Night Of Dreams’ o ‘A Mindnight Autumn’s Dream’. Come sempre risultano eccezionali gli assoli, soprattutto quelli lenti. Il pezzo rinforza comunque dalla sua metà in avanti, rinvigorendosi in prossimità di un passaggio particolarmente muscolare di Tiranti, prima di chiudersi con la consueta, attesa, sfumatura lenta.

‘We Belong To Yesterday’
Sicuramente tra le sorprese di questo album, assieme alla bellissima title-track. Si parla di nuovo di un brano fortemente progressivo, ma dalle melodie più definite, una struttura più riconoscibile e andamento più frizzante rispetto ai vari brani melodici e malinconici che i Nostri hanno inserito nella parte centrale della tracklist. Perennemente in equilibrio tra atmosfera, fruibilità ed eleganza il brano sembra contenere molti elementi che abbiamo sentito sugli altri brani, e sembra funzionare un po’ da collante per l’intero album. Davvero un brano interessante.

‘Stardust And Ashes’
A chi a questo punto dell’ascolto si sarà lamentato della mancanza di brani veloci e potenti, questa è la risposta che i Labyrinth forniscono. Di nuovo una tipica power track come ne abbiamo sentite tante, a differenza del terzo, scialbo, la canzone ci convince subito con un ritornello di ottima fattura. Di nuovo però a far battere di più le mani è la elaborata sezione strumentale, che introduce, oltre ai soliti pregevoli assoli, anche un bell’intermezzo pianistico e una splendida fuga di basso.

‘Diamond’
La chiusura è affidata a un brano lento e atmosferico, che fa mostra di un largo uso del sintetizzatore appoggiandosi ancora una volta alla camaleontica bravura di Smirnoff, davvero convincente. L’utilizzo di atmosfere che di sicuro non appartenevano ai Labyrinth più moderni dell’ultimo corso ci lasciano un senso di malcelata malinconia, e ci riporta alla mente alcune languide strutture di pinkfloydiana memoria.

Leggi di più su: Labyrinth.