Metal Cinema (19) – L’uomo invisibile (2020)

Il 29/07/2020, di .

In: .

Metal Cinema (19) – L’uomo invisibile (2020)

Cecilia Kass (Elisabeth Moss) decide di mettere fine drasticamente al suo asfissiante matrimonio con il ricco luminare dell’ottica Adrian Griffin (Oliver Jackson-Cohen); così una notte, dopo aver drogato l’uomo, scappa dalla sua lussuosa abitazione con l’aiuto della sorella Emily (Harriet Dyer). Dopo qualche giorno Cecilia, ospitata temporaneamente dall’amico d’infanzia e detective della polizia James (Haldis Hodge), viene a sapere che Adrian si è suicidato e le ha lasciato in eredità tutto il suo imponente patrimonio. Mentre la donna cerca di rifarsi una vita e liberarsi dai postumi traumatici del suo tormentato passato, in seguito ad alcuni strani incidenti domestici, inizia ad avvertire attorno un’inquietante presenza; si convince così di essere ancora perseguitata dal marito e che questi, dopo aver inscenato la propria morte, sia riuscito a trovare il modo di rendersi invisibile grazie alla sua vasta competenza nel campo dell’ottica. Sospesa tra l’incredulità delle persone a lei vicine e una sempre più incalzante serie di inspiegabili eventi, Cecilia scoprirà una sconvolgente verità e dovrà fare i conti una volta per tutte col suo passato.

Accantonati (definitivamente?) i supplizi cervellotici di Saw e i viaggi astrali di Insidious (le due saghe horror più fortunate degli ultimi vent’anni), dopo il brillante e cupo sci-fi Upgrade (2018), Whannell propone un suo personalissimo adattamento del celebre romanzo di H. G. Wells e dell’omonima prima trasposizione filmica del ‘33. Il risultato è un thriller con venature horror di rara efficacia che, se pur partendo dall’idea di base della storia originale, riesce a stravolgerla con grande freschezza e ricercata ingegnosità. Più che al classico di James Whale Whannell guarda – in parte – all’adattamento del 2000 di Paul Verhoeven (‘L’uomo senza ombra’) ma al contrario del regista olandese rinuncia al tripudio di effetti speciali visivi che ci si aspetterebbe oggi da questo tipo di film, e sceglie di perseguire una strada più saggia e minimale: la costruzione di una lenta e angosciante tensione, tutta basata su un terrificante crescendo di piccoli avvenimenti percettivi, tale da instillare nello spettatore il dubbio – almeno fino a un certo punto – tra allucinazione psicotica e realtà.

“Il risultato è un thriller con venature horror di rara efficacia che, se pur partendo dall’idea di base della storia originale, riesce a stravolgerla con grande freschezza e ricercata ingegnosità.”

La rivelazione dell’uomo invisibile naturalmente arriva, così come arrivano gli inevitabili – e ben realizzati – effetti speciali (quasi tutti concentrati nella concitata mezz’ora finale), ma questi sono altamente funzionali all’aspetto drammatico-psicologico e mai fini a se stessi. A Whannell inoltre non interessano tanto le spiegazioni pseudo-scientifiche – che infatti sono solo vagamente accennate – ma le temibili conseguenze narrative che un inquietante evento “fantastico” può scatenare in un contesto assai realistico. In tal senso colpisce molto il personaggio di Cecilia (magistrale la performance della Moss), donna segnata dal legame morboso con uomo violento, narcisista e con malsane manie di controllo (fisico e psichico); la svolta fantascientifica di conseguenza non fa che estremizzare queste dinamiche molto verosimili, diventando così intelligente metafora metafisica delle stesse e trasformando letteralmente l’ombra “invisibile” di un trauma in un nemico minaccioso e spietato.

Whannell dimostra definitivamente di essere non solo un ottimo sceneggiatore, ma anche e soprattutto un grande regista, in grado sia di “accarezzare” l’intimità dei suoi personaggi, sia di sconvolgerne l’esistenza con fulminanti momenti horror (geniale l’omicidio nel ristorante) e turbolente sequenze action ad alto tasso ansiogeno (splendidamente coreografate). Imperdibile.