I vent’anni di ‘Rock In Rio’: Live After Reunion

Il 25/03/2022, di .

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I vent’anni di ‘Rock In Rio’: Live After Reunion

A partire dal 1999, grazie ai rientri di Bruce Dickinson ed Adrian Smith, gli Iron Maiden tornano ad avere le attenzioni che meritano. E se, ad oggi, c’è un disco post reunion che ha convinto tutti (o almeno, che è più convincente dei lavori successivi), quello è ‘Brave New World’, uscito il ventinove maggio 2000. Ecco quindi che, dopo il “The Ed Hunter Tour” dell’anno precedente, il motore maideniano è nuovamente pronto a ruggire, con un tour in promozione al nuovo album (chiamato “Brave New World Tour”, ad eccezione dell’Europa, dove viene denominato “Metal 2000”) del quale, il diciannove gennaio 2001, a Rio de Janeiro viene registrato il quinto album dal vivo del gruppo: ‘Rock In Rio’. Che si tratti di un’uscita gargantuesca lo dimostra già l’evento: non capita tutti i giorni di esibirsi davanti a 250 mila persone. Inoltre, la già citata reunion ha sicuramente contribuito a tenere alto l’interesse per la successiva pubblicazione di un album dal vivo.
Interesse che verrà smorzato più avanti, nonostante (o forse proprio per questo) il continuo volere di Harris e compagni di pubblicare un live album come prosieguo di un lavoro in studio (tolta l’ovvia eccezione di ‘A Matter Of Life And Death’ [2006]), tra la ripetitività della proposta (album in studio – album dal vivo), la crisi del disco e, purtroppo, prodotti non sempre all’altezza. Ma questa è un’altra storia. Quanto a ‘Rock In Rio’, siamo di fronte ad un’esibizione che non fa prigionieri: nel primo disco, intro a parte (‘Arthur’s Farewell’, colonna sonora del film ‘Il Primo Cavaliere’ [1995]), non viene concesso respiro ai presenti.
Il trittico iniziale, tratto dall’ultima fatica in studio, è devastante: ‘The Wicker Man’ fa esplodere l’arena, che spinge a dovere nel crescendo iniziale di ‘Ghost Of The Navigator’, rispondendo ad ogni richiamo di Dickinson, e fa da sottofondo ad ogni ritornello di ‘Brave New World’. ‘Wrathchild’, pescata dal “periodo giurassico” della band (citando Dickinson) è compatta, mentre ‘2 Minutes To Midnight’, leggermente e sapientemente accelerata, si candida a miglior esibizione della serata. Come già scritto, non c’è tempo di tirare il fiato, perchè bisogna rispondere alla domanda del cantante “What are we?” e godersi l’epicità di ‘Blood Brothers’ (di cui un’altra, emozionante, esibizione la potete trovare in ‘The Book Of Souls: Live Chapter’ [2017]), alla quale segue uno dei capolavori scritti negli anni Novanta, quella ‘Sign Of The Cross’ durante la quale Dickinson non fa certo rimpiangere l’ottima prova in studio di Bayley.
Chiudono il primo disco la diretta ‘The Mercenary’, piacevole ma alla quale, personalmente, avrei preferito (dallo stesso album) ‘Out Of The Silent Planet’, e l’evergreen ‘The Trooper’, cantata da ogni presente. Arrivati a metà, incredibile constatare come, oltre alla perfezione ed alla carica donata finora strumentalmente dai cinque musicisti, la voce di Dickinson sia sempre risultata chiara, forte, sicura, senza cedimento alcuno. Personalmente, l’inizio del secondo disco è l’unico neo di questo album: avrei fatto a meno dell’epicità di ‘Dream Of Mirrors’, soprattutto se pedinata da ‘The Clansman’, e con ‘Sign Of The Cross’ già eseguita. L’ultimo brano tratto da ‘Brave New World’, risulta una fotocopia dell’originale, tra l’altro ben amalgamato nell’album in studio, e dal vivo non regge il confronto con gli altri due pezzi.
Nuovamente, avrei optato per ‘Out Of The Silent Planet’, o qualcosa da album qui non rappresentati, come ‘Somewhere in Time’ (1986) o ‘No Prayer For The Dying’ (1990). ‘The Evil That Men Do’ trascina, tra scorribande chitarristiche ed una sezione ritmica che non cede di un passo, mentre in ‘Fear Of The Dark’ si raggiunge l’apoteosi del connubio tra band e fan. La quattordicesima ‘Iron Maiden’ chiude in bellezza, prima che ‘The Number Of The Beast’ apra il capitolo dei bis, che tolta ‘Sanctuary’ vede solo canzoni tratte dall’album del 1982, ovvero la già citata titletrack, ‘Hallowed Be Thy Name’ e la conclusiva ‘Run To The Hills’, tutte magistrali, sia per esecuzione che per risposta di pubblico.
Si può quindi concludere scrivendo che la fortuna di ‘Rock In Rio’ ruota attorno a qualche fattore chiave: una band rinata e ringiovanita dall’attesa reunion, la cui prestazione è ad oggi sul podio, tra quelle ufficialmente edite dal vivo; un ottimo album in promozione come ‘Brave New World’, i cui brani, qui affiancati agli storici, riescono a stare degnamente al passo, garantendo qualità; ultima, ma non meno importante, la produzione, che grazie a Kevin Shirley torna ad essere adeguata dopo alcuni prodotti traballanti (‘A Real Live One’ e ‘A Real Dead One’ [1993]). Un album di cui si consiglia l’acquisto in DVD per assaporare quanto scritto lungo questo articolo, e che alcuni (sottoscritto compreso) ancora aspettano in Blu-ray.

Hammer Fact:
– Parte delle scene tratte da ‘Rock In Rio’ furono utilizzate per il video ufficiale di ‘Out Of The Silent Planet’.
– Con il massimo dei voti (6/6), eccovi riportata la recensione del nostro direttore Alex Ventriglia, pubblicata nel numero di Metal Hammer di marzo 2002: “Ben 17 anni sono trascorsi dalla prima volta che gli Iron Maiden parteciparono al megafestival brasiliano denominato Rock In Rio, metal happening sudamericano che proprio nel gennaio 1985 fece il suo debutto presentando le migliori bands allora in circolazione, Steve Harris e compagni compresi, autori freschi freschi dello storico ‘Powerslave’. Inutile dire che quello show – alla presenza di oltre 150mila fans scatenati, soggiogati da Eddie mummificato e “imbacuccato” nelle sue mille bende strascicanti – riscosse un successo enorme, fu uno dei primi “highlight” assoluti nella carriera live dell’attuale sestetto inglese, che appunto in quell’occasione conquistò definitivamente il mercato brasiliano e di conseguenza l’intera America del Sud. Invitati spesso in Brasile, per concerti tenuti in location gremite all’inverosimile (a colpi di 20-25mila persone a data, e si contano sulle dita di una mano i gruppi capaci di attirare così tanta folla durante una tournèe), gli Iron Maiden incidono con determinazione sull’immaginario metal “brasileiro”, restano tutt’ora – come in moltissimi altri Paesi del mondo d’altronde – uno dei gruppi più amati e considerati a quelle latitudini. Così, non sorprende affatto la pubblicazione del nuovo e doppio album dal vivo ‘Rock In Rio’, a suggello di una straordinaria live performance all’ormai blasonato festival di Rio De Janeiro, tenuta il 7 giugno del 2001 di fronte ad una sterminata audience letteralmente impazzita nel riconoscere dietro il microfono dei Maiden l’idolatrato Bruce Dickinson, autentico eroe nazionale in Brasile. Un personaggio che, neanche a dirlo, segna ‘Rock In Rio’ indelebilmente, con il suo inconfondibile stile vocale e il suo impeto live, con quel carisma che non gli ha mai fatto difetto, nel corso della sua lunga carriera. Al suo fianco l’onnipresente Steve Harris, l’indiscusso nume tutelare degli Iron Maiden, che non cessa di far tuonare il suo Fender Stratocaster neppure per un istante, pompando adrenalina a più non posso, instancabile. E il trio alle chitarre, Janick Gers e la storica coppia originaria Dave Murray/Adrian Smith, protagonista di una formula che ha aggiunto maggior compattezza all’articolato e prorompente sound maideniano, ancor più scolpito nel granito. Dietro le pelli, il dinoccolato istrione Nicko McBrain, da ‘The Number Of The Beast’ in avanti una delle garanzie assolute della “Vergine di Ferro”. Tutti e sei al massimo della forma, stando a quel che si può ascoltare sul doppio CD in questione, perfetta monografia live che chiama all’opera sia i vecchi, immortali classici, dogmi imprescindibili per ogni metaller che si rispetti, che le canzoni più rappresentative dell’ultimo studio album ‘Brave New World’; tanto che ad inaugurare ‘Rock In Rio’ ne irrompono ben tre brani, del calibro di ‘The Wickerman’, ‘Ghost Of The Navigator’ e la title-track. E se ‘Brave New World’ fa la parte del leone, chiamato in causa anche con ‘Blood Brothers’, la magnifica ‘The Mercenary’ e ‘Dream Of Mirrors’, non si può dire altrettanto della produzione legata a Blaze Bayley, ridotta all’osso, che “timbra il cartellino” soltanto con ‘Sign Of The Cross’ (‘The X Factor’) e ‘The Clansman’ (‘Virtual XI’): due brani che, è doveroso dirlo, grazie a Dickinson assumono ben altra valenza, come era anche facile prevedere… Semplicemente spettacolari ‘The Evil That Men Do’ e ‘Fear Of The Dark’ (cantata all’unisono da migliaia e migliaia di spettatori!), mentre lo “zoccolo duro” del repertorio maideniano fa letteralmente sfracelli, a partire da ‘Wrathchild’ il cui pulsante basso, non appena attacca, scatena gli animi. Se ‘Two Minutes To Midnight’ è marchiata a fuoco dalle ormai famose scorribande chitarristiche da sempre elemento fondamentale del Maiden’s style, la cinquina finale è ad appannaggio del superlativo ex frontman dei Samson che, carburato a mille, affonda definitivamente il colpo, specie in ‘Iron Maiden’ e ‘Sanctuary’. E’ fuori dubbio che la serata in quel di Rio è stata assolutamente speciale, sia per i fans che non potevano credere ad occhi e orecchie, sia per la band che da quando ha recuperato Smith e il “figliol prodigo” Dickinson è tornata a fare la differenza. Una volta di più, lo testimonia questo monumentale live album che sfiora le 3 ore di durata, e, se non erro, presto disponibile anche in versione DVD. Un difetto? Forse la mancata inclusione in scaletta di ‘Aces High’ e ‘Children Of The Damned’, ma qui è proprio voler cercare a tutti i costi il classico pelo nell’uovo…”

Line-Up:
Bruce Dickinson: vocals
Steve Harris: bass, backing vocals
Dave Murray: guitar
Adrian Smith: guitar, backing vocals
Janick Gers: guitar
Nicko McBrain: drums

Tracklist:
CD 1
01. Intro
02. The Wicker Man
03. Ghost Of The Navigator
04. Brave New World
05. Wrathchild
06. Two Minutes To Midnight
07. Blood Brothers
08. Sign Of The Cross
09. The Mercenary
10. The Trooper

CD 2
01. Dream Of Mirrors
02. The Clansman
03. The Evil That Men Do
04. Fear Of The Dark
05. Iron Maiden
06. The Number Of The Beast
07. Hallowed Be Thy Name
08. Sanctuary
09. Run To The Hills

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