Soundgarden – Supersconosciuti? Non Più!

Il 01/05/1996, di .

Soundgarden – Supersconosciuti? Non Più!

Tornano i Soundgarden con un nuovo platter dal titolo ‘Down On The Upside’. Il quartetto di Seattle questa volta si concede, ma bisogna andare fino a Londra per incontrarlo. Metal Hammer ha mandato Alex Ventriglia, e non è stata una faticaccia superflua con andata e ritorno in giornata. Passato, presente e futuro della band sono stati passati al microscopio, e ora passeranno sotto i vostri occhi… Ai nostri microfoni, il frontman e carismatico leader Chris Cornell.

Dopo 13 anni che puntualmente mi reco in quel di Londra, vuoi per interviste o per semplice svago vacanziero, non riesco ancora ad abituarmi al clima. Quando sei convinto che in Terra d’Albione debba sempre e comunque piovere a catinelle, ecco che la smentita è dietro l’angolo… Così, abbigliato da “pompiere” in stato di allarme, con tanto di giubbotto di pelle contro i micidiali spifferi britannici, il sottoscritto è volato nella città del Big Ben, con l’occasione di incontrare Chris Cornell, in giro promozionale per il nuovo album dei Soundgarden, ‘Down On The Upside’. Un sole malandrino ed autore, grazie alla perenne collaborazione di nubi made in England, di un’afa pazzesca, mi comincia a sbeffeggiare fin dall’arrivo a Gatwick, dove becco un collasso in attesa di prendere il treno per Piccadilly Circus, via Victoria Station. Faccio finta di niente, qualcuno cerca di soccorrermi tanto la stato di agonia che traspare dalla mia mimica facciale e intanto maledico il giubbotto-trappola e l’impermeabile-tagliola che mi fanno apparire come un emerito imbecille alla faccia dei sudditi della Regina Elisabetta, ovviamente in tenuta adamitica. Ma forse il preambolo non è quello giusto, credo sia meglio addentrarsi a fondo nell’operazione Soundgarden che mi ha portato fino a Londra… Ad oltre tre anni dall’uscita di ‘Superunknown’, quarto album del “Giardino del Suono” che ha catapultato Chris Cornell & C. alla ribalta su tutti i fronti, consegnando il four-piece di Seattle al Gotha dell’alternative-rock, con tanto di strade lastricate di “platino”, con ‘Down On The Upside’ torna a farsi vivo l’inquietante e ossessivo trade-mark dei Soundgarden. In origine (primi anni ottanta), i quattro furono tra i primi a tentare l’insolita e quantomai ambiziosa mossa di sposare i cupi Black Sabbath con gli eclettici Led Zeppelin (il Chris Cornell d’epoca, quando ancora la chioma era rigogliosa, era in tutto e per tutto speculare di un tale chiamato Robert Plant) tenuti d’occhio dalla Sub Pop, la “pionieristica” label che avviò l’interesse per il sound che, tempo più tardi, avrebbe messo sottosopra il rock establishment mondiale. Il selvaggio ed istintivo debut-lp ‘Ultramega OK’, uscito per la storica indie SST, mostrava una band in embrione, ma che, nonostante avesse molto da levigare, era in possesso di doti non comuni. Con il seguente ‘Louder Than Love’ si rimane bene o male sui livelli del primo album, ma l’etichetta è la major A&M e si comincia a fare sul serio. Il terzo disco del gruppo è, a mio giudizio, il capolavoro che esce nel ’91 dalla fucina di Seattle, dove non c’è più differenza fra Stooges, Melvins, Black Flag e Blue Cheer… Dopo i Nirvana, sono loro la band più seguita del pandemonio grunge, o come lo si vuol chiamare. A differenza di molti “colleghi”, i Soundgarden virano però verso direzioni opposte evolvendosi nello stile affacciatosi con ‘Badmotorfinger’. La febbre scoppia con ‘Superunknown’, un concentrato di pezzi complessi e allo stesso tempo elementari, rappresentati da liriche introspettive, ma con refrain assassini, che calamitano orde di ascoltatori. Dopo, un silenzio rotto solo da qualche concerto, il nulla sembra inghiottirli, i media fanno salti mortali per stanarli, e i tentativi vanno tutti a vuoto… Finché, giunge notizia che i Soundgarden sono in sala di registrazione, per la prima volta completamente da soli, senza l’aiuto (o l’inconveniente, a seconda dei punti di vista) del produttore, precisamente in quel di Seattle, nel Litho Studio di proprietà di Stone Gossard, chitarrista dei Pearl Jam ed amico della band. ‘Down On The Upside’ sarà materia di dibattito all’interno delle opposte fazioni, chi ne sarà entusiasta contro chi lo denigrerà, la prima impressione che comunque ho avuto all’ascolto dell’album è che i Soundgarden si sono mossi con coraggio, gettandosi alle spalle buona parte della dote “air-play” di ‘Superunknown’, e scegliendo la strada meno sicura dello sviluppo artistico ad ogni costo. E di questo bisogna dargliene atto; qui sono stati davvero grandi. Appena fuori il disco, il quartetto si dedicherà al fattore live, con impegni on stage che lo vedranno protagonista durante molti open air festivals estivi, in Europa (Donington, forse Sonoria) e il Lollapalooza negli States, dove contenderanno ai Metallica il ruolo di headliner, al fianco di Rancid e Ramones.

La prima cosa che si nota del vostro nuovo album è la perfetta coesione fra più stili, alcuni pezzi introspettivi ed ermetici, altri veloci ed intransigenti…
“(Chris Cornell) Il discorso è che ciascuno della band ha diverse influenze, e non è che decidiamo a tavolino in che genere di direzione musicale andare, quindi includiamo tutto ciò che produciamo, anche perché nessuno di noi è contento di fare sempre la stessa musica per tutta la vita. Per cui è chiaro che da tutte queste influenze possiamo anche risultare in ogni album come 5, o persino 10, bands diverse, non è che diciamo “bene, d’ora in avanti facciamo questo tipo di musica o quell’altro”. Sono comunque consapevole che qualcuno possa sorprendersi all’ascolto di ‘Down On The Upside’, poiché abbiamo preso in considerazione aspetti musicali che finora non avevamo mai sperimentato, ma è una componente che già avevamo messo in conto.”

Quindi che genere di differenza trovi con il precedente ‘Superunknown’?
“Penso che sia simile in termine di materiale, ci sono nuovi approcci musicali, diciamo che, sotto certi punti di vista, ‘Down On The Upside’ è più naturale, ha un sound più naturale, più spontaneo e maggiormente in sintonia con la nostra personalità. Ha influito molto anche il lavoro svolto per la produzione, più immediato e veloce che non in passato; voglio dire, questa volta abbiamo trascorso un sacco di tempo a darci consigli a vicenda su come suonare quello o migliorare quell’altro, su come arrangiare i pezzi, perché eravamo in uno studio più piccolo e ci producevamo da soli, quindi non dovevamo pagare 4000 dollari al giorno per registrare in uno studio più grande, con il produttore, l’ingegnere, l’assistente. Abbiamo registrato tutto a Seattle, in precedenza avevamo lavorato a Seattle solamente per le basi di batteria per ‘Badmotorfinger’. Non è stata una mossa pensata a priori, a un certo punto ci è venuta l’idea di provarlo, l’abbiamo fatto, e ci è piaciuto. La maggior parte dell’album è nata così. Cerchiamo sempre e comunque di essere aperti a tutto, in modo che ognuno può proporre ciò che vuole, poi decidiamo tutti assieme. L’unico problema è che, a volte, può venire fuori un sacco di materiale su cui poi non ci troviamo d’accordo, ma del resto la cosa principale che vogliamo è migliorare il più possibile la nostra musica, in qualsiasi modo, prendendo in esame qualsiasi evenienza. Inoltre, la nostra personalità tranquilla e senza alcun problema ci permette di agire di conseguenza, se non ci troviamo concordi su di un determinato fattore è lo stesso, non ne facciamo certo un dramma. Per esempio, sull’album ci sono 16 canzoni, avrebbero dovuto essercene 18, però una è stata scartata perché non soddisfaceva appieno una parte della band, e l’altra non piaceva a me, come vedi all’interno dei Soundgarden avvengono in armonia… E poi l’album mi pare abbastanza lungo, con i suoi 16 brani.”

Sei d’accordo con chi sostiene che il futuro della musica risiede nel crossover stilistico, nella contaminazione fra più generi musicali?
“Dipende. Da un punto di vista mentale, come idea, è corretto. Poi dipende da che genere musicale fai. Se fai rock con i soliti strumenti tipo chitarra, basso, batteria, tastiere, chiaro che vieni influenzato da altra musica, perché comunque attingi da fonti musicali già esplorate. Invece, se fai musica elettronica, oggi sei in grado di sfruttare nuove risorse, nuove tecnologie, e quindi creare cose strane ed originali. Comunque, non è che possa dirti granché, perché è un genere che non apprezzo.”

Come cantante dei Soundgarden, pensi di avere la capacità di cambiare lo stato delle cose?
“Penso che tutti quanti, specialmente quando si è giovani, si sentano in un determinato modo, cioè provino a considerare come si sentano a confronto con il mondo, e alla fine si rendano conto di trovarsi bene, di integrarsi con persone che abbiano le stesse idee in comune. Se io sono sul palco, canto i miei testi, faccio delle dichiarazioni su quello che penso e come mi sento, sono del parere che chi mi ascolta è concorde con me perché la pensa allo stesso modo, e non perché sono io che lo dico, sono io che lo influenzo, ma perché ha già l’idea per conto proprio. Io non sto cercando di cambiare la mentalità della gente e del mondo intero… Sono dell’avviso che nel mondo oggi, soprattutto negli States, la gente abbia sempre meno controllo sulle cose che la circondano; c’è una società che si occupa di portare via i rifiuti, un’altra che ti obbliga ad agire in una determinata maniera… Per possedere la tua casa devi pagare tasse su tasse, se non le paghi la perdi, ti tolgono la tua casa; non c’è la reale indipendenza dell’individuo, hai la libertà di votare, ma tu decidi di votare per qualcuno che ha un’immagine falsata, che ti vendono come vogliono. In realtà, nessun tipo di governo può cambiare le cose…”

Per chi hai votato nelle scorse elezioni?
“Se te lo dico ci saranno pregiudizi nei miei confronti…Vedi, non è questione per chi si vota; sì, sei libero di votare a seconda del tuo pensiero, ma penso che, chiunque voti e vada al potere, le strutture del governo sono tali che non si riesce comunque a realizzare ciò che si vuole, i tuoi progetti vanno irrimediabilmente in fumo. Cioè, ci sono 2 parti, l’una opposta all’altra che non fanno altro che farsi la guerra fra loro, e spesso la gente si fa un’idea in base a come uno reagisce agli attacchi dell’altro. Sono del parere che Clinton come politico sia fantastico, perché si muove in una determinata direzione, il più delle volte sceglie di lavorare su compromessi, cercando di non creare malumori, e in questo modo riesce a portare più o meno avanti gli ideali per cui la gente lo ha votato.”

Ma comunque quando entri in politica devi sempre basarti su compromessi…
“Esatto, devi proprio muoverti su queste coordinate…”

Tornando al discorso affrontato in precedenza, come pensi che sia l’approccio dei fans verso i Soundgarden? In che cosa si identifica chi vi segue?
“Ci sono parecchie formazioni che non fanno nessun riferimento a questioni politiche o sociali, e il più delle volte non riescono neppure a darti qualcosa sotto il profilo strettamente musicale o a livello di emozioni. Penso che i Soundgarden non facciano parte di nessuna delle due categorie, in quanto, sempre e comunque, l’impegno di prodursi al massimo delle nostre possibilità non viene mai meno. Sono dell’idea che, ora che abbiamo successo, molta gente pensi che non abbiamo nessun problema, di nessun tipo, che siamo estranei agli intoppi di ogni giorno, che non abbiamo preoccupazioni, che ci possiamo comprare tutte le droghe che vogliamo! Vedi, non funziona proprio in questo modo, e non potrebbe essere altrimenti. Vendiamo dischi, abbiamo successo, soldi, quindi di cosa dovremmo lamentarci? La risposta è che io sono sempre la stessa persona e sto vivendo sempre nello stesso mondo, quindi mi pongo sempre le stesse domande di prima, i soldi non ti danno le risposte per queste. Sì, è chiaro che non aver problemi di denaro è importante, perché non devi mantenerti con un lavoro che non ti piace, e cose di questo genere; quindi è una posizione fortunata, e il nostro esempio lo dimostra: tu puoi essere vero, cioè pensare ed agire sinceramente, e prendere anche in considerazione il fatto di ottenere successo. E’ difficile ma è possibile. Magari qualche difficoltà la puoi incontrare nelle relazioni sentimentali, perché si possono commettere dei grossi errori. Per fortuna siamo sempre stati circondati da persone alquanto riflessive in questo senso. Siamo sempre stati preoccupati di rimanere in una situazione in cui potevamo controllare il nostro destino e la nostra musica, perché alla gente, in genere, manca proprio questa possibilità, e in tal caso la fortuna è stata al nostro fianco…”

In che senso, in grado di controllare la vostra musica?
“Sì, siamo stati in grado di controllare totalmente la nostra musica, come anche il nostro destino, ma non sai mai se questa cosa può finire o no, quanto può durare. Non sei mai in una situazione in cui puoi rilassarti e tirare il fiato, dire: ho raggiunto il top, ho fatto un sacco di soldi, quindi siamo nelle condizioni di fare come ci pare, perché non sei a conoscenza di quanto ti può accadere. Tu non sei l’industria discografica…”

Però come musicista ne fai comunque parte…
“Proprio per questo non sai mai che fine farai e se perderai il controllo di te stesso, se la tua etichetta inizierà col volerti imporre delle cose, cambiare qualcosa all’interno della tua musica… Devi continuamente metterti in discussione… E non è neanche il fatto che per forza di cose devi avere successo, devi vendere milioni di dischi, ma il dover spiegare in continuazione al business discografico che non hai alcuna intenzione di cambiare la tua musica, di fare qualcosa di diverso da quello che vuoi realmente suonare, anche se questo non ti fa andare in cima alle classifiche di vendita. Questa è una cosa che molti gruppi non riescono a fare, a non avere pieno controllo di quanto suonano, ecco perché c’è tanta gente che dall’oggi al domani cambia stile musicale, si vede costretta ad agire in questo senso, e comunque non è un discorso relativo solo alla musica, ma va ben oltre, tocca tutti i settori artistici, il cinema in generale… Quando un produttore investe i suoi soldi sul tuo film, vuole che il film abbia successo, vuole il ritorno economico, l’aspetto artistico viene messo un po’ in secondo piano. Alla fine, quello che viene fuori, è un compromesso tra l’artista e chi produce il film, come avviene nella maggioranza dei casi.”

Vi considerate gli ultimi sopravvissuti del grunge?
“Veramente non ci siamo mai ritenuti tali, ce ne siamo sempre tirati fuori dall’essere inclusi nella categoria, poi dipende da cosa intendi per grunge. Sicuramente non siamo sopravvissuti nel senso che non siamo legati allo stereotipo del grunge. Ora, a Seattle, ci sono più bands di prima, solo che non provengono da lì! Seattle è diventata una nuova Los Angeles, sono accorsi a frotte per cercare di strappare un contratto, per fare facilmente i soldi, cosa importa se sei onesto o no? Credo che la cosa più importante sia suonare quello che provi, se poi riesci a farti apprezzare tanto meglio, non il contrario, non fare musica con l’unico scopo di ottenere successo… Guarda i Pearl Jam; stanno avendo tantissimo riscontro, anche se non fanno più video-clips e promuovono appena la loro musica. Cioè, suonano e basta, non si preoccupano di quello che ruota attorno, né si curano delle etichette del tipo grunge che gli vengono affibbiate… E’ così che si fa.”

Però che il vostro modo di intendere e suonare musica ha influenzato molte persone, che magari sono state spronate da voi a prendere in mano uno strumento, non credo ti lasci indifferente…
“Guarda, certamente mi fa piacere, chi non prova soddisfazione quando sei citato come una delle bands che hanno influito su una persona, è stato così anche per me, come lo è per tutti, avere un punto di riferimento per appassionarti alla musica, ma il mio discorso era comunque un altro. Sono contento di sapere che qualcuno si rispecchia nel mio stile musicale, mi gratifica, quello che faccio fatica ad accettare è chi specula su certe situazioni, su chi mette su una band che prende i Soundgarden come modello per ingannare la gente, e magari intascare pure qualcosa!”

Mi pare che su ‘Down On The Upside’ doveva essere presente ‘Karaoke’, un brano in cui prendevate posizione contro i replicanti del grunge, o presunti tali. Come mai poi avete deciso di non pubblicarlo?
“Il discorso è che produciamo così tanto materiale che i pezzi stanno ad aspettare anche per anni, prima di essere inseriti da qualche parte. Il problema risiede nella mole di lavoro a cui ci sottoponiamo durante lo sviluppo dei brani, spendiamo un sacco di tempo su quelli che non sono finiti o che contengono idee a cui siamo particolarmente interessati. Quando scrissi ‘Karaoke’ ne stavamo aggiustando altri 4 o 5, così è finito nel cassetto delle cose da rivedere. Per esempio, sai che ‘Tighter & Tighter’ era già pronto per ‘Superunknown’ e ‘No Attention’ addirittura risale alle sessions per ‘Badmotorfinger’? Questo per farti capire che la gestazione delle nostre canzoni è piuttosto lunga e laboriosa, e non sempre segue un iter prestabilito.”

Un ruolo di primo piano, nella scaletta del disco, lo recita ‘Never The Machine Forever’, che tra l’altro parla di una esperienza personale vissuta dal chitarrista Kim Thayil, una sorta di contrasto tra la vita e la morte… Cosa c’è di più preciso?
“Si può dire che sì, effettivamente, è basata su una sua esperienza vissuta in prima persona, ma sulla storia precisa non saprei come spiegartela, perché sono sensazioni proprie di Kim. Ho comunque cercato di descriverla in base a come l’ho interpretata e sentita personalmente.”

E della vicenda legata al brano ‘Jerry Garcia’s Finger’, incluso nel vostro CD-rom ‘Alive In The Superunknown’, cosa mi dici? Sembrava avesse risvolto macabri, dato che erano filtrate notizie che riportavano il “furto” del dito del leader dei Grateful Dead…
“No, no, non fraintendere, sono solo invenzioni dei giornalisti… Ti spiego per bene la faccenda: un giorno stavamo facendo delle jam-sessions per provare dei pezzi da inserire nel CD-rom, e, quel giorno, i Grateful Dead suonavano a Seattle. Poco tempo dopo Jerry Garcia è morto, così abbiamo pensato di dedicare quel pezzo, che provavamo quel giorno, a lui. Inizialmente lo volevamo intitolare ‘Jerry Garcia’s Dead’, poi invece pensammo che forse era di cattivo gusto, fino a che la scelta è ricaduta su ‘Jerry Garcia’s Finger’.”

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