Entombed – Returning To Madness

Il 06/03/2000, di .

Entombed – Returning To Madness

Tornano dai meandri della follia gli Entombed, finalmente alle prese con un lavoro che consente loro di esplodere tutta la loro devastante violenza dopo lavori sperimentali dalle sfumature estremamente soft. Questo era però quello che i fans volevano, e questo è quanto la band svedese ha voluto regalare loro. Parola di L.G. Petrov

“Quando si può cambiare in meglio, è meglio cambiare” dicevano sempre Pizzu e Lobo, due acuti filosofi cuneesi della new generation e, volenti o nolenti, gli anche gli Entombed hanno deciso di seguire questa strada. Se cambiare è da sempre stata una prerogativa della band svedese, il “meglio” è stato quasi sempre relativo, soprattutto alla luce degli ultimi lavori di L.G. Petrov e soci, apprezzabili per la critica ma di difficile digestione per i fans che in atmosfere rockeggianti e sabbathiane, stentavano a riconoscere quella band che, con ‘Left Hand Path’, si era proposta come band rivelazione nel panorama death metal scandinavo e che, con ‘Wolverine Blues’, si era reinventata geniale sperimentatrice. Con ‘Uprising’, però, gli Entombed cambiano le carte in tavola, cambiano come è loro solito, è vero, compiendo però un viaggio a ritroso nel tempo, andando a rispolverare quella violenza e quell’aggressività che pareva essere irrimediabilmente perduta, dando così alla luce un album che farà la gioia, c’è da stare certi, dei fans malinconici che si vedono restituire una band in gran spolvero e in forma smagliante. A parlare dell’album della rinascita è il folle cantante L.G. Petrov, finalmente sereno e più che mai convinto che quella che è stata fatta, era l’unica cosa realmente giusta.
Per cominciare, potresti spiegare cosa significa per gli Entombed, un titolo come ‘Uprising’?
“Non significa molto per noi, semplicemente tutti noi lo abbiamo trovato un buon titolo. Avevamo pensato anche a ‘In The Flesh’ però ‘Uprising’ era il termine che meglio rifletteva quello che stava succedendo con la nostra musica. Ci piace, poi, perché è un titolo che lascia aperte molte porte all’immaginazione, la gente può interpretarlo come meglio crede, per noi è il modo migliore per dire: we’re back!”.
Pensi sia lecito affermare che ‘Uprising’ rappresenta per gli Entombed un nuovo punto di partenza dopo le ultime, zoppicanti “sperimentazioni” discografiche?
“Per alcuni versi direi di sì. Non la vedrei, però, nell’ottica da te proposta. Vedi, ogni album rappresenta per gli Entombed un nuovo punto di partenza. Questa volta, comunque, si tratta di qualcosa di veramente speciale per noi, perché ‘Uprising’ è un lavoro che tutti noi sentiamo molto, perché ci ha consentito di venire fuori a testa alta e di suonare unicamente quello che noi volevamo suonare, senza influenze esterne o passaggi a vuoto come in passato”.
Converrai comunque, che ‘Uprising’ è lontano anni luce da ‘Same Difference’, potendo contare su un sound molto più potente ed aggressivo…
“Certo. Io userei però un’altra definizione: è un album ‘spontaneo’, perché pur mantenendo qualche appiglio a ‘Same Difference’, un album ben inteso nostro al 100% ma forse troppo ‘pulito’ per gli Entombed, è stato realizzato nel modo più naturale possibile. Non abbiamo messo fronzoli in questo lavoro, non abbiamo badato ai particolari, abbiamo semplicemente attaccato gli strumenti e abbiamo registrato. Pensa che abbiamo impiegato appena otto giorni per realizzare questo album, rendendolo il iù spontaneo possibile e dotandolo di un particolare ‘live feeling’. Ci sono delle tracce che non sono perfette, magari risuonandole e ri-registrandole suonerebbero meglio, però non è questo che volevamo, infatti la genuinità di ‘Uprising’ è realmente inattaccabile!”.
Gli Entombed hanno abituato ormai da tempo i propri fans a repentini cambi stilistici. Alla luce di quanto ascoltato con ‘Uprising’, puoi spiegarci come vedete, oggi, un lavoro veramente diverso come ‘Same Difference’?
“’Same Difference’ è un album discreto, può contare su alcuni buoni brani però il sound non è esattamente quello che avevamo in testa. Sia chiaro, ci piace ancora quel lavoro, però ‘Uprising’ è fresco, cosa che un album troppo ‘sperimentale’ come ‘Same Difference’ non era. Questo è l’album che tutti noi volevamo registrare e che dovrebbe consentirci di conquistare quei punti persi, tra i nostri fans, con un album difficile come il suo predecessore”.
Pensi che ‘Uprising’ rappresenti un altro esperimento nella vostra discografia o l’esperimento era ‘Same Difference’ e questo album va visto come un ritorno alle origini?
“Molta gente, dopo aver ascoltato ‘Uprising’, ha detto che gli Entombed erano tornati indietro nel tempo. E ad essere sinceri lo penso anch’io! Caratteristica di questa band è da sempre stata quella di non pubblicare mai due album uguali, quindi era difficile che ripetessimo ciò che era stato fatto per ‘Same Difference’, tanto più che gli Entombed del 2000 sono quelli di ‘Uprising’, è quello il nostro nuovo sound e il nostro attuale modo di vedere la musica, quindi anche per una questione di onestà abbiamo deciso di dare alla luce un album così aggressivo e arrabbiato come ‘Uprising’”.
Citando quello che si legge sulle vostre biografie, dopo il death n’roll degli album precedenti si è passati ad un ben più esplicito “Rot ‘n’roll”…
“Bella definizione, vero? E’ molto pittoresca anche se non siamo stati noi ad affibbiarci questo termine bensì altre persone. Se avessimo potuto scegliere noi che termine utilizzare per descrivere ciò che suoniamo, sicuramente avremmo utilizzato ‘Entombed’s Music’ o semplicemente death metal”.
Scusa se ti interrompo. Pensi realmente che gli Entombed possano ancora venire annoverati come una death metal band?
“Si, senza dubbio. Anche se la scena death si è evoluta attorno a noi e gli Entombed rappresentano una sorta di corpo estraneo in questo universo, mi sento di affermare che la mia band deve essere ancora considerata a tutti gli effetti una death metal band. Certo, con il tempo abbiamo dato di vita a qualcosa di ‘unico’, abbiamo evoluto a dismisura il nostro sound, però questa è stata una scelta naturale ma allo stesso tempo necessaria. Gli Entombed sono sulle scene da ormai dodici anni, un periodo invidiabile, se si conta che oggi molte giovani death metal band si sciolgono dopo aver realizzato il debut album! Il segreto di tanta longevità va ricercato proprio in questa nostra capacità di adattarci ai tempi e di cambiare volto al nostro sound album dopo album”.
Ma ‘Uprising’, così com’è, suona esattamente come i vostri fans avrebbero voluto che suonasse, non trovi?
“E’ vero, infatti molti fans ci avevano richiesto, in precedenza, un album come ‘Uprising’ e soprattutto dopo la pubblicazione di ‘Same Difference’ erano stati in molti a venirci a dire che non si riconoscevano più nelle nostre canzoni. E’ così, anche per rispetto loro, che abbiamo deciso di attuare questa sorta di ritorno alle origini!”.
C’è una ragione particolare per l’incredibile aggressività contenuta in questo album? Ormai ci avevate abituati a soluzioni leggermente più soft mentre oggi siete tornati alla carica con una sana dose di violenza!
“Non conosco i motivi, però posso dirti che ne avevamo molto bisogno, e la gente aveva bisogno di ascoltare questo dagli Entombed! Nella girandola di mutamenti, abbiamo convenuto che questa volta dovevamo dare un’impronta più aggressiva al nostro sound, donando ad ogni brano un appeal che gli consentisse di avere un notevole impatto soprattutto dal vivo. Non c’è nulla di più bello che suonare dal vivo e vedere la gente che impazzisce ai piedi del palco, trascinata da ciò che stai suonando, quindi abbiamo pensato all’effetto che avrebbe avuto un sound più arrabbiato sui nostri fans e abbiamo realizzato ‘Uprising’!”.
La stessa cosa vale per le liriche delle vostre canzoni?
“Certamente! Questa volta le liriche sono molto più dirette che in passato. Le storie raccontate nelle nostre song sono pressappoco le stesse, storie di persone che abbiamo incontrato, di esperienze che abbiamo vissuto, però oggi, più che in passato, abbiamo deciso di aprirci a ciò che proviamo, senza perderci in descrizioni complicate e in liriche troppo elaborate. Abbiamo cercato di essere più immediati possibile, dando vita a liriche che seguano di pari passo la via tracciata dalla nostra musica”.
Tra le dodici canzoni contenute in ‘Uprising’ trova spazio anche una cover dei Dead Horse, ‘Scottish Hell’…
“Proprio così! Avevamo ascoltato questa canzone qualcosa come otto anni fa negli States e ci era piaciuta molto solo che non avevamo mai avuto l’occasione di inserirla in un nostro album. Questa volta, però, visto il valore del brano in questione e visto che la sua attitudine si legava bene con il resto dell’album, abbiamo deciso che era giunto il momento di registrarla”.
Prima di entrare in studio a registrare ‘Uprising’ avete intrapreso un lungo tour che vi ha portati a suonare anche alcune date in Italia in compagnia degli Skinlab, una band musicalmente molto distante dal vostro classico stile. Pensi che il confrontarvi ogni sera con una band stilisticamente diversa da voi vi abbia aiutato in qualche modo a crescere e a cambiare la vostra visione della musica?
“Credo proprio di sì! Anzi, credo che tutto il tour ci abbia aiutati a crescere a ci abbia insegnato qualcosa. Il bello dell’essere musicista, sta proprio nella possibilità che ti viene data di andare in tour e di suonare in giro per il mondo, incontrando sempre gente nuova e venendo a contatto con culture differenti dalla tua. In questo contesto, spesso, il concerto vero e proprio può persino essere relegato in secondo piano. Prendi la data che abbiamo tenuto da voi a Torino: c’erano pochissime persone, eppure non la reputo un fallimento, perché abbiamo conosciuto dei nostri fans italiani, abbiamo suonato per loro e abbiamo tastato con mano il calore dei ragazzi italiani. Tornando alla tua domanda, anche il tour con gli Skinlab ci è stato molto utile, perché è sempre bello confrontarsi con band musicalmente diverse da te. E’ per questo che amiamo farci inserire in tournèe assieme a band stilisticamente differenti, perché alla lunga il pubblico può trovare pesante tre ore di concerto con band tutte uguali e le nostre stesse idee possono risentirne. Pensa che a giugno abbiamo tenuto otto date in Svezia, Germania, Norvegia e Francia in compagnia di Slayer e Iron Maiden, un bill veramente molto vario ma ugualmente affascinante!”.

TUTTI I DISCHI DEGLI ENTOMBED NELLE PAROLE DI L.G. PETROV

‘Left Hand Path’: E’ un album grezzo, per certi versi immaturo, però è giustificabile perchè è il lavoro di ragazzi che all’epoca avevano 16, 17 anni, eravamo giovani pieni di idee poveri di esperienza ma veramente carichi di entusiasmo
‘Clandestine’: Per alcuni versi ripercorre la strada del precedente, anche se alcuni passaggi sono molto più duri e alcuni barani presentano realmente un’anima metallica:
‘Wolverine Blues’: E’ forse l’album della svolta. Ci siamo trovati e abbiamo deciso di fare qualcosa che ci divertisse e l’unica cosa che realmente ci divertiva era fare musica nuova.
‘To Ride Shoot Straight And Speak The Truth’: Altro passaggio verso il cambiamento, un album che incorpora tutte le sfaccettature della nostra musica mostrate nei nostri album
‘Same Difference’: E’ la perfetta indicazione della via che abbiamo deciso di intraprendere….

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