Children Of Bodom – Silent Night, Bodom Night

Il 17/04/2008, di .

Children Of Bodom – Silent Night, Bodom Night

Se il nuovo ‘Blooddrunk’ non ci aveva convinto a pieno, un faccia a faccia con colui che, di questo album, è l’indiscusso padre poteva rivelarsi quantomai utile per farci cambiare idea, ritornare sui nostri passi o anche solo chiarirci alcune cose un po’ troppo nebulose del’universo Children Of Bodom. Peccato che l’Alexi Laiho che si presenta oggi a Fabio Magliano è un musicista stanco, svuotato, apatico, annoiato, lontano parente di quell’affabile oratore che faceva bella mostra di sé sulla copertina di questa rivista poco meno di tre anni fa. E la chiacchierata, tra sbuffi e silenzi, ha dipinto alla fine scenari inquietanti…

Ci sono avvisaglie, tanti piccoli campanelli di allarme, che la dicono lunga sullo stato di salute di una band. Segnali che quando iniziano a manifestarsi sarebbe bene drizzare l’orecchie ed incominciare a porsi qualche domanda. I Children Of Bodom sono una delle band più interessanti e a modo loro innovative, comparse sulla scena metal mondiale negli ultimi 15 anni. La loro carriera è stata sempre lastricata da album eccellenti, altri controversi, sempre comunque caratterizzati da una qualità e da un gusto tecnico e compositivo di prim’ordine. Alexi Laiho, leader bello e dannato della band finlandese, quasi a voler andare contro quell’immagine che i media gli avevano cucito addosso, nei nostri precedenti faccia a faccia si era sempre rivelato un interlocutore affabile, aperto al dialogo, a modo suo persino ironico. Oggi, però, qualcosa si è improvvisamente rotto, qualche granello di sabbia è andato ad intrufolarsi in quel meccanismo sin qui perfetto e quei campanelli di allarme di cui sopra hanno iniziato a tintinnare pericolosamente. Con la pubblicazione di ‘Blooddrunk’, lavoro non certo all’altezza delle precedenti release del combo finnico, hanno iniziato a sentirsi i primi “dinnnnnn”, con l’intervista che segue i COB hanno tramutato quello scampanellio in un roboante scampanare. Perché l’Alexi Laiho che si presenta a noi nei 10 minuti 10 messici a disposizione per questa chiacchierata promozionale è un ragazzo stanco, scarico, apatico, pronto ad affogare ogni laconica risposta tra sbuffi e lunghi silenzi proprio quando avrebbe dovuto invece tirare fuori gli artigli urlando che “…no, i Children Of Bodom non sono in crisi e ‘Blooddrunk’ è un capolavoro, alla faccia dei giornalisti incompetenti che sostengono il contrario”. Per rispetto del lettore e, a questo punto, di Mr. Laiho che così ha voluto, riportiamo la chiacchierata così come si è svolta, senza annacquamenti né risposte diluite in troppi giri di parole, e se ad un certo punto vi verrà da sbadigliare, beh, sappiate che a quel punto di sbadigli Mr. Laiho ne aveva già spesi almeno una trentina e lo scribacchino era ormai alle soglie del regno di Morfeo…
Alexi!
“(Alexi Laiho) Hey…”
Come stai?
“All right”.
Ok ok, come non detto…Senti, ad un primo ascolto ‘Blooddrunk’ appare più duro, più arrabbiato rispetto ai lavori passati. E’ solo una mia impressione o c’è qualcosa di vero alla base?
“No, è vero… Ma non è solo più duro, è anche più veloce ed aggressivo, quindi sì, hai ragione, ed è positivo se la gente arriva a sottolinearne questa caratteristica”.
C’è una ragione alla base di questa decisione? Magari in questi anni ti è capitato qualcosa che ti ha spinto a riversare ancora più rabbia nelle tue composizioni…
“No… non è successo nulla di particolare… Diciamo che le cose hanno seguito semplicemente il loro corso, e anche la musica ha preso questa direzione senza particolari ragioni… Tutto è venuto fuori in modo molto naturale”.
Andando a scorrere alcuni giudizi espressi dai tuoi fan riguardo ‘Blooddrunk’ ci si rende conto che la critica è divisa tra chi vede in esso un ritorno alle origini per i Children Of Bodom e chi un tentativo più o meno riuscito, di evolvere il vostro sound. Tu da che parte stai?
“Well, noi siamo semplicemente una band di fottuto metal estremo che ha inciso un nuovo album… Non abbiamo mai dato tanto peso a queste cose, l’unica cosa che ci interessava al momento di scrivere le nuove canzoni era di tirare fuori qualcosa che rappresentasse ciò che siamo oggi, possibilmente ancora più duro e pesante”.
Per incidere ‘Blooddrunk’ vi siete presi tre anni di tempo, scelta questa dettata dalla vostra volontà di fare le cose con calma e possibilmente bene?
“No, in questi tre anni abbiamo suonato parecchio dal vivo, siamo stati in tour per quasi due anni e poi ovviamente abbiamo voluto prenderci un po’ di tempo per scrivere le canzoni e per fare le cose al meglio… Il disco sarebbe stato pronto già lo scorso mese di settembre, però abbiamo voluto aspettare ancora, abbiamo apportato diverse modifiche fino a quando non siamo stati pienamente soddisfati del risultato e procedendo così si è arrivati ad aprile come mese di pubblicazione del disco”.
Quali sono gli obiettivi che vi siete posti al momento di pubblicare ‘Blooddrunk’?
“Volevamo ottenere qualcosa che rendesse soddisfatti prima di tutto noi stessi… Poi ovviamente vogliamo arrivare a suonare il più possibile dal vivo e in location sempre più grandi. Quando inizi a lavorare ad un nuovo disco l’obiettivo è sempre quello di riuscire a ottenere un risultato migliore rispetto all’album precedente, se no non ci proveresti neppure a incidere un nuovo lavoro… Noi siamo convinti di esserci riusciti”.
C’è un brano in questo nuovo lavoro al quale sei particolarmente legato?
“Tutto il disco ovviamente merita un ascolto, però credo che la traccia numero 4, ‘One Day You Will Cry’ rappresenti abbastanza bene quelli che sono i Children Of Bodom oggi, perché racchiude tutti quegli elementi per noi fondamentali, come riff di chitarra estremamente pesanti e veloci ma allo stesso tempo belle melodie di tastiera”.
Vi è anche una canzone intitolata ‘Lobodomy’, che conferma la vostra tendenza ad inserire in ogni vostro disco una song contenente la parola “Bodom” nel titolo. Si tratta di un semplice scherzo o volete in qualche modo inserire il vostro marchio di fabbrica in ogni album?
“Si, lo vedo bene come trademark, ma allo stesso tempo lo vedo come una cosa divertente, nulla di più”.
Come in passato, avete inciso anche a questo giro diverse cover abbastanza inusuali come ‘Ghost Riders In The Sky’ di Stan Jones, ‘Just Dropped In’ di Kenny Rogers o ‘Lookin’ Out My Back Door’ dei Creedence Clearwater Revival. Con che criterio scegliete le canzoni da coverizzare?
“Nessun criterio specifico. Ci piace sorprendere coverizzando canzoni che nessuno si aspetterebbe da noi. Sarebbe troppo facile fare una nuova versione di un brano metal, e forse anche poco stimolante. Invece è interessante prendere una song distante dal nostro background e rileggerla sotto la nostra personale ottica”
Una delle cose positive di ‘Blooddrunk’ è il suo artwork, sicuramente migliore di quello scialbo di ‘Are You Dead Yet?’. Di chi è opera?
“Di un ragazzo finlandese”. (Per la cronaca, si chiama Jussi Hyttinen, Nda)
Ok, chiaro il concetto. Cambiamo discorso. Nel corso di interviste passate avevi affermato di stare attraversando un periodo di cambiamenti umani e di inevitabile maturazione. Chi è, oggi, Alexi Laiho?
“Il ragazzo che ti sta parlando al telefono in questo momento”.
Ommadonna… ti sei sempre servito dell’appellativo “Wildchild” per descriverti. Pensi di essere ancora così selvaggio o negli anni hai smussato alcuni aspetti del tuo carattere e del tuo stile di vita?
“Tutti cambiano negli anni, è inevitabile…non so… se penso alla mia vita oggi non la vedo poi tanto cambiata, mi reputo ancora pazzo, forse non così pazzo come in passato… diciamo che se metti un po’ di pazzia nella tua vita, nulla di esagerato, ma il giusto, questa di sicuro ti sarà di aiuto per affrontare determinate circostanze”.
Rimpiangi mai qualcosa che hai fatto o che non hai fatto nel corso della tua vita?
“No. Penso di avere sempre imparato moltissimo dagli errori commessi, quindi non rimpiango nulla, cerco solo di fare tesoro il più possibile dei miei sbagli”.
Hai fondato i Children Of Bodom 15 anni fa. Pensi che a questo punto sia più quanto hai dato alla musica o quanto la musica ha dato a te?
”Probabilmente siamo in pari. Io non ho mai fatto nulla che non fosse legato alla musica, tutta la mia vita è stata dedicata alla musica quindi sacrifici ne ho fatti molti, però sarei disonesto se non dicessi che queste cose le ho fatte perché avevo un mio tornaconto”.
Qual è la cosa più importante, più preziosa, che la musica ti ha dato nel corso di questi anni?
“Questa è una buona domanda. Penso la popolarità, intesa non tanto come riconoscimento umano quanto come condizione che ci permette di incidere ogni volta dischi, fare tour sempre più grandi, esibirci davanti a pubblici sempre maggiori… tutte situazioni che sono linfa vitale per una band”.
Oltre che i Children Of Bodom, hai creato anche un’altra band chiamata Kylähullut dedita a sonorità puramente punk. Puoi dirci di più?
“Non è nulla di serio, è una band punk messa su insieme con due altri miei amici (Tonmi Lillman, ex To/Die/For e Vesku Jokinen dei Klamydia Nda), giusto per divertirci, fare un po’ di casino e bere qualcosa insieme. Nulla di più”.
In primavera sarete impegnati in America con il carrozzone del Gigantour in compagnia di Megadeth, In Flames, Job For A Cowboy e High On Fire. Che sensazioni hai riguardo questa opportunità che vi viene offerta?
“Visto così si direbbe un gran bel tour, ma qualcosa di più approfondito potrò dirtelo solo a fine aprile quando tutto si sarà concluso. Certo è che aprire per i Megadeth e suonare con gli In Flames è un’ottima opportunità. Sì, è decisamente un bel tour…”
Concluso il Gigantour vi fermerete per un altro mese negli States per tenere il vostro tour da headliner. Che riscontri ha la vostra musica Oltre Oceano?
“Sta prendendo piede. Negli ultimi due anni abbiamo concentrato le nostre attenzioni proprio sul mercato americano, abbiamo suonato parecchio da quelle parti e il numero di fan è andato aumentando ad ogni data. Se oggi siamo in grado di tenere un lungo tour da headliner in America è perché abbiamo lavorato bene e l’interesse nei nostri confronti è decisamente alto”.
Una volta tornati dall’America volerete in Giappone, quindi in Australia ma…che ne è stato dell’Europa?
“Al momento faremo solo qualche data in alcuni festival, il tour europeo è ancora in via di definizione e dovrebbe partire in autunno, arrivando a toccare sicuramente anche l’Italia. Conservo sempre dei bei ricordi dell’Italia, come quella volta che ci hanno fatto suonare in un gothic bar di Milano (il Transilvania, Nda), ed alla fine del concerto ci hanno messo dietro al bancone e ci hanno detto di bere tutto quello che volevamo. E’ stato fottutamente grande”.
Visto che la dimensione live pare essere molto importante per te, perché non ci racconti qualche aneddoto legato proprio alla vita on the road dei Children Of Bodom?
“Wow, ce ne sono troppi. Posso dire che sono rimasto sconvolto suonando a Montreal, in Canada, per quella che doveva essere la data conclusiva del tour di ‘Are You Dead Yet?’. In quella occasione ci hanno fatto suonare in un palazzotto completamente sold-out, c’era gente in delirio che saltava fuori da ogni parte, è stata sicuramente una delle esperienze più shockanti ma allo stesso tempo appaganti della mia carriera”.

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