Caos Spotify: il pensiero del musicista

Il 10/03/2018, di .

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Caos Spotify: il pensiero del musicista

Il polverone alzato in queste ore dal “caos Spotify” non poteva non suscitare le reazioni della terza parte in causa, forse quella più importante. Se Spotify è paradossalmente l’imputato per aver preteso il pagamento di un servizio a pagamento opponendosi a programmi piratati, e il “musicofilo medio” è la parte incazzata che si trova costretto a pagare un servizio fino a ieri regolarmente rubato, la terza parte in causa è rappresentato da quei musicisti le cui composizioni vengono messe a disposizione proprio su Spotify. Musicisti la cui musica evidentemente non viene recepita all’esterno come il frutto di un lavoro duro e dispendioso, bensì come un semplice gadget da godere sempre, comunque e rigorosamente gratuitamente. Ecco quindi alcuni pensieri di musicisti italiani che hanno voluto dire la loro su questa pruriginosa vicenda…

“Questa è l’Italia, come con la politica. Tutti si lamentano e poi tutti vorrebbero essere li al posto di quelli che rubano. E’ il paese dei furbetti. Sicuramente non siamo tutti così… per quanto riguarda la storia di Spotify non credo ci sia nulla di strano, la musica va pagata, va pagata il prezzo giusto perchè è un lavoro, perchè dietro a ogni concerto, dietro a ogni album c’è gente che si fa un culo così per scrivere, arrangiare e registrare i brani, paga lo studio, paga la stampa, paga tutto… per cui la musica va pagata. E forse invece che sto Spotify del cazzo e menate simili, sarebbe meglio se la gente tornasse nei negozi a comprare i CD, soprattutto per iniziare a supportare la vera musica, quelli che si spaccano il culo per fare vera musica invece che venderselo il culo. Buona suerte a tutti ragazzi…” (Pino Scotto)

“Io credo che alla base ci tutti ci sia un malcostume puramente italiano, dove nella media l’italiano medio riduce tutto a questi termini. Ha ridotto Linkedln che dovrebbe essere una piattaforma professionale in una porcheria pari a Facebook, ma non è nato per mettere le fotografie o le vignette stupide, dovrebbe essere una piattaforma professionale e invece è divenuto un disastro, ma se guardiamo è tale solo in Italia. In Italia si aggirano le regole di Spotify con una versione pirata che permette a tutti di non pagare musica. Non mi risulta, ho fatto un mezzo controllo, che sia stata fatta cosa analoga in altri Paesi, quindi è un problema nostro. Non voglio dire cose troppo retoriche, ma basti vedere come sono andate le elezioni per capire cosa sono e come siano gli italiani. Questo è, lo vediamo dall’uso dei social, dall’interazione che hanno gli italiani sui social e lo vediamo da tante altre cose. Ciò che mi lascia l’amaro in bocca è che sicuramente molte delle persone che qui in Italia sono insorte per la chiusura degli account pirata probabilmente sono musicisti che presumono che la loro musica debba essere condivisa, il mondo è cattivo perchè loro sono bravi ma non fanno successo… è un cane che si morde la coda, sono tutti malcostumi in gran parte dovuti dalla mentalità dell’Italia dove  non scendiamo in piazza, e quando scendiamo in piazza per protestare gridiamo chiedendo regole essendo però i primi ad aggirarle, però pretendiamo che gli altri siano irreprensibili e le rispettino. Non ci siamo…” (Roberto Tiranti)

“Discorso troppo lungo e dalle diverse sfaccettature. Io dico semplicemente a chi ama la nostra Musica (vedi scritto con la M) “COMPRATEVI I DISCHI, andate ai concerti, pensate con la vostra testa” Tutto il resto sono banalità” (Massimo Gasperini – Black Widow Records)

“Penso che lo streaming sia stata l’ennesima chimera per chi sperava in un rinascimento della musica, ma in realtà si è rivelato un nuovo passo verso il baratro del sistema. Per chi vive come noi nel sottobosco Spotify è quasi un ricatto, ci devi essere per arrivare a quante più possibili orecchie, ma lo fai a scapito delle vendite fisiche e digitali. Chi pensa che la musica debba essere gratuita come l’aria che respiriamo meriterebbe di morire soffocato e nel silenzio. Ecco tutto!” (Giovanni Leonardi – Siegfried, Carnera, Divisione Sehnsucht)

“Io, per mia fortuna e forse anche per mia propensione personale, sono riuscito per ora a rinunciare quasi totalmente a Spotify. Come tipo di piattaforma è sicuramente molto comoda e consente a chi la sfrutta di risolvere quasi totalmente la difficoltà di cercare musica. Chiunque senta nominare un artista lo riesce a trovare con una velocità impressionante. L’aspetto inquietante di tutto ciò sta nel fatto che ormai è un parere diffuso, tra coloro che si sono abituati ad utilizzarlo, che il mercato discografico non esista. Ormai tutto diventa gratuito e chi ha speso tempo e fatica per realizzare cose a cui si ha accesso con un click, non conta più nulla”. (Diego Banchero – Il Segno Del Comado, Egida Aurea)

“Sono anni che lo dico. Questa gente è stata da sempre il tumore che ha distrutto il mercato della musica. Suonare in una Band purtroppo non è più un mestiere. Produrre musica costa soldi e tempo. Chi scarica musica illegalmente fa danni. Se ora si lamentano pure capisci che nel giro di qualche anno il 99% dei gruppi smetterà di fare musica a meno di rarissimi mecenati. Un mio amico discografico Americano una volta, all’inizio dell’era digitale mi disse, se non si fa una legge che prevede sanzioni pesantissime e la galera per chi scarica illegalmente nel giro di qualche anno collasserà il music business. Aveva ragione”. (Tommy Massara – Extrema)

“Spotify non lo uso e mi sta anche sulle scatole, anche se non nego che per la divulgazione della musica sia utile. Purtroppo è una divulgazione utile solo ai fautori stessi della piattaforma e alle grandi multinazionali. Personalmente non ricavo nessun beneficio dal suo esistere ma comunque se non ci fosse Spotify ci sarebbe qualcos’altro; l’era di internet e questa e dobbiamo accettarla, con tutte le positività e le negatività del caso. Peccato solo che i musicisti debbano essere quelli che maggiormente risentono di questa negatività”. (Fabio Zuffanti – Höstsonaten, La Maschera di Cera, Finisterre, ecc)

“Ormai l’illegalità nel mondo della musica è talmente normale, ed è talmente diffusa l’idea che la musica debba essere gratis che monta la protesta quando vogliono ripristinarla. Non credo che abbiano protestato quando Sky ha fatto fuori le schede pirata”. (Sophya Baccini – Presence, Sophya Baccini’s Aradia)

“Io penso che l’uso di musica senza che all’artista venga corrisposto il giusto premio allo sforzo sia criminale. Abbiamo masse di diseducati ignoranti che pensano che la musica debba essere gratis. Questo è il male incurabile del mondo musicale di oggi, senza vendere la musica muore. La musica è come una pizza o una altro bene. Chissà perché nessuno prova d andare al ristorante ed uscire senza pagare. Le piattaforme come Spotify ad ogni modo sono comunque parte del problema perché corrispondono praticamente nulla agli artisti. Chi ascolta musica pretendendo che debba essere a gratis è un diseducato, fraudolento e artefice della morte di una forma d’arte”. (Paolo Puppo – Will ‘O’ Wisp).

“Bè, penso ci sia poco da dire… Personalmente non uso quasi mai Spotify e le volte che mi capita di usarlo usufruisco della versione free ufficiale, quella con la pubblicità. Comunque per me Spotify è uno strumento utile quando ho bisogno di farmi un’idea su un artista e su un disco che non conosco. Se questo mi piace, vado a comprarmi il CD, o meglio il vinile se esiste…” (Steve Sylvester)

“Per prima cosa direi che la pirateria non fa bene alla musica e ai musicisti, sarà anche un concetto banale ma è la pura verità, che poi l’idea di streaming sia per me assurda, spiegatemi il senso di “noleggiare” una canzone, io non lo riesco proprio a capire. La musica va sostenuta e per sostenerla bisogna comprarla e farla tornare un bene prezioso, comprate i dischi” (Steve Balocco – Bad Bones)

“Non mi stupisce più di tanto, purtroppo: ormai la cultura del “digitale gratis” è la norma, e – specie per i giovani che ci sono proprio nati – è quasi innaturale pensare di dover pagare per certi servizi. D’altronde, al di fuori di ogni ipocrisia, sarei curioso di sapere se tutti i “musicisti” che si indignano per la loro musica che non viene valorizzata, hanno tutti usato software regolarmente acquistato per registrare le loro opere, così come la valanga di grafici, videomaker e fotografi che si lamentano di essere pagati solo in visibilità: in quanti acquistano regolarmente le licenze dei software che utilizzano? Il problema è globale e uno solo: si è persa l’abitudine di dare “valore” alle cose”. (Tiziano Spigno, Lucky Bastardz & Extrema)

“Direi che questa polemica certifica una volta di più il fatto che, per una grossa fetta di persone, la musica è una cosa che semplicemente non ha valore, un sottofondo che può esserci come non esserci. Non qualcosa da scoprire e amare. E’ molto triste, ma è inutile piangersi sopra. Noi che la musica l’amiamo davvero, con tutta l’anima, abbiamo ancora di più la responsabilità di tenerla in vita. Almeno non avremo mai il rimpianto di “non averci provato”.(Dario Beretta – Drakkar)

“Parto dal presupposto, che gli artisti da Spotify ricevono una minuscola, minuscola quota per ogni ascolto e che l’azienda ha chiuso il 2016 (dati del Sec) con un rosso di 324 milioni di euro, nonostante la sua crescita dal 2016 al 2017. 159 milioni di utenti complessivi ma solo circa 70 milioni sono a pagamento, significa che il resto ascolta gratis con qualche “pubblicità” nel mezzo . Detto questo, che di per se fa già riflettere senza bisogno dello “scandalo degli scrocconi”, è la totale cattiveria e maleducazione dei messaggi apparsi sulla rete a scuotermi, per esempio quello di Edoardo P. che ci indica un uso alternativo delle 10 euro : “Ci vado a p*****e”, come se andare a “p*****e” fosse invece cosa sana. Pagare Spotify che insieme ad Apple Music nascono per combattere la pirateria (?), è il minore dei problemi e non risolverà la nostra scena. Concerti in posti assurdi, suppliche per 50 euro in più nel cachet, artisti che comprano visualizzazioni e followers, cantautori con famiglie ricche disposte a pagare la vittoria “facile” del figlioletto nei talent – show, numeri gonfiati in ogni dove e da qui potrebbe partire una lunga lista di considerazioni, che evito per non dilungarmi troppo. Abbiamo perso tanti valori ed il minimo che possa capitare a chi non conosce le fatiche dei Musicisti, degli Artisti quelli veri però, quelli che hanno investito nei loro studi, nei loro strumenti, nella produzione dei loro progetti, è il messaggio di Spotify: ”503 Service Unavailable”. (Masha Mysmane – Exilia)

“Il “Craccare” non mi piace molto. Spotify fa comunque un servizio gratuito si limitato, ma utile. A noi musicisti di questo nuovo “mondo” abbiamo oltre la visibilità virtuale in queste piattaforme, la speranza di avere persone ai nostri live e magari che acquistino dei dischi e merchandising. Quindi avere tutto gratis in rete personalmente non lo ritengo molto positivo. Mi piacerebbe più equilibrio tra tutto questo sistema e il “vecchio” modo di produrre, promuovere e ascoltare musica” (Enio Nicolini – Unreal Terror, The Black…) 

“Mi sono un po’ rotto i coglioni di quei ragazzi che non vogliono mai cacciare un centesimo. I CD non li comprano, ai concerti non ci vanno, vogliono tutto su internet, si scaricano i concerti da YouTube, si prendono tutto gratis da internet o ascoltano su Spotify. La musica va pagata perchè c’è un mondo dietro di persone che lavorano e che si fanno il mazzo…se  no tutto finisce, il mondo artistico finisce, perchè i soldi da qualche parte devono uscire. Da artista ti dico che chi non vuole cacciare un centesimo ha rotto i coglioni…parliamo di 10 euro al mese, non una cifra mostruosa… già che non comprano i CD…Fanno andare 5 euro al giorno in sigarette per comprarsi un tumore ai polmoni… Purtroppo bisogna trovare un modo per tutelare gli artisti…ci sono video buttati su YouTube che fanno milioni di visualizzazioni e l’artista di turno non tira su un centesimo perchè ora è diventato tutto gratuito. Mi sono rotto i coglioni”  (Terence Holler – Eldritch)

“Tutti questi commenti sulla questione Spotify craccato riflettono perfettamente la situazione del music business attuale… la difficoltà nel guadagnare lavorando con la musica aumenta sempre di più e personaggi come questi rappresentano purtroppo una bella fetta del pubblico che dovrebbe supportare i musicisti e gli artisti. D’altro canto ritengo che il mondo del metal sia fortunatamente ancora pieno di persone e appassionati a cui piace comprare la buona musica quindi sono contento di appartenere a questa categoria!” (Simone Mularoni – DGM)

“Io ritengo giusto pagare per avere un servizio. La musica non è gratis, ma spiego meglio questa mia affermazione. Per produrre ciò che ascoltiamo servono dei soldi e degli investimenti e la musica come ogni forma di arte va pagata. Compriamo bei quadri, andiamo a teatro e al cinema, quindi se vogliamo ascoltare la musica, liberi di scegliere la nostra canzone preferita, questo va pagato. Se vogliamo ascoltare la musica gratis c’è la radio, Spotify esiste in modalità gratuita, ma funziona come una radio, una radio più specifica perchè ti fa ascoltare il genere o la band che piace a te. Se invece vogliamo ascoltare la musica come se avessimo un cd ed avere la possibilità di ascoltare il nostro brano preferito, allora è come acquistare un cd, bisogna pagare. Sono d’accordo con Spotify di chiudere le app crakkate. Rock n Roll guys”. (Tony Mad Fontò – White Skull)

“Tutti si lamentano dei “politici corrotti”, di una società fatta per i furbi e i ladri. Poi assisto a una vergognosa levata di scudi per il “caso Spotify”.
Premesso che nel mondo che vorrei la musica dovrebbe essere venduta solo con un supporto fisico, mi sorge spontanea una riflessione: se non vi crea nessun problema rubare 9,99 euro con una scheda craccata come vi comportereste davanti a un maxi-stipendio, a un vitalizio, a un mega-rimborso gonfiato o magari a una tangente?” (Enrico Ruggeri – Decibel)

“Dopo essermi documentato posso dirti che attualmente il problema è relativo a Spotify ma in linea generale c’è un atteggiamento che va avanti da troppi anni da parte di tante persone che dopo aver scaricato intere discografie (parlo anche di musicisti o che vorrebbero considerarsi tali), pensano erroneamente che sia superfluo e oneroso acquistare un disco. Oggi il mondo sta cambiando e nel bene e nel male, ci sono nuovi metodi d’acquisto, digitali ad esempio. Vorrei fare una domanda a tutti, partendo dai comuni ascoltatori, ai fruitori di musica in generale sino ad arrivare ai (finti) musicisti: sapete cosa c’è dietro ad una canzone e ad un disco? Un lavoro immenso e stratificato. Mesi e anni di impegno durante tutti gli stadi della realizzazione. Si parte dall’idea e si arriva al prodotto finito dando in mano il tutto al discografico, al distributore e alla società che si occupa della promozione ecc. Quindi è giusto che la musica, visto che c’è stato un calo di vendite del supporto CD, venga acquistata, magari in forma digitale, in modo che musicisti, produttori artistici e discografici rientrino delle spese per il lavoro svolto. Ci sono oggi degli appassionati/collezionisti che comprano i vinili preferendoli ai comuni CD, bene, questo è un tipo di acquisto consapevole e rispettoso nei confronti del prodotto che viene scelto. Riguardo al digitale ci deve essere un sistema di sicurezza che tuteli i prodotti, ad esempio all’estero iTunes e Google Play vengono presi seriamente in considerazione. Se Spotify fa un certo tipo di proposta non vedo perché non se ne possa usufruire in maniera onesta. Non si può regalare tutto a tutti, non ha proprio senso. Questo è il mio pensiero che risale addirittura a quando uscì Napster a fine anni novanta, primi duemila. Da quel momento molte cose sono cambiate, ormai la violazione di copyright è considerata una cosa “normale”, è assurdo. Le aziende di digitalizzazione, se questa è la tendenza a voler fruire di prodotti multimediali (musica e film) attraverso i dispositivi mobili, devono giustamente tutelarsi e tutelare chi ha realizzato il prodotto che viene messo in vendita.”(Freddy Delirio – Death SS/H.A.R.E.M.)

“In un’epoca in cui tutto sembra aver perso valore fisico, culturale ed attrattivo, la musica è finita nel turbinio di un disastro annunciato ormai anni fa. La musica, nell’epoca in cui viviamo, non viene più vista come un bene materiale (il cd, la musicassetta, il vinile) dalla maggior parte delle persone che ne usufruisco. Le nuove generazioni non sanno neanche che esistano i cd o che siano esistiti tempi dove per ascoltare musica dovevi possedere qualcosa di materiale da ascoltare. I brani sono solo dei file dentro i nostri computer o smartphone quindi sono diventati qualcosa di intangibile e il risultato è che non si vede la necessità di pagare per ascoltarla. Così come infastidisce la pubblicità di YouTube e si scaricano plug-in per impedire a YouTube di generare compensi per il proprio servizio e per gli artisti che offrono lo sfruttamento del proprio lavoro è normalissimo che non si veda la necessità di pagare un account di Spotify Premium. La pubblicità di YouTube è gratis eppure infastidisce, immaginiamoci che immagine di furto complottistico, da parte delle major sui poveri utenti, si instaura nei cervelli di questi individui. Non sono sorpreso ma non voglio neanche focalizzarmi su un aspetto negativo talmente connaturato nella cultura moderna. Voglio concentrarmi sul fare al meglio la musica da dare alle persone che ancora pagano per ascoltarci, dando valore all’acquisto di chi supporta la musica in maniera attiva. Spotify, come tutti i servizi di streaming, sono l’unica ancora di salvezza dal download illegale. La ripartizione sembra poco allettante, ma guardando bene è un sistema che genera dei compensi, forse ancora pochi, ma li genera. Per l’epoca e il business musicale in cui siamo oggi, se si è fortunati e si scrivono pezzi che funzionano, lo streaming può essere un buon compagno sull’attuale vendita fisica. Parliamo di un business che è stato decimato in pochi anni, non per colpa di Spotify ma solo ed esclusivamente da chi ha volutamente rubato brani illegalmente con la comparsa di Napster e simili. Da insider del business, posso solo dire che non rimane che continuare a scrivere il nostro miglior pezzo, produrre la nostra miglior musica e battere la concorrenza sleale con la qualità. Questo è il primo, ma fondamentale, passo, augurandomi che si trovino sistemi in futuro che siano magari più redditizi. Per ora, almeno abbiamo piattaforme che sfruttano legalmente le opere del nostro ingegno e talento, cosa che fino a qualche anno era assolutamente fuori controllo.” Alessandro Del Vecchio (Revolution Saints – Hardline – Edge Of Forever – Voodoo Circle – Silent Force)

“Certo le lamentele per la chiusura dei profili hackerati di spotify sono fastidiosi e creano un effetto “cornuto e mazziato” tra gli addetti ai lavori.. ma non credo ci sia una gran differenza tra chi usa questi espedienti e chi scarica una album o un film su un torrent o guarda un film su una piattaforma streaming pirata.. è una cosa diffusissima di fatto illegale ma purtroppo non percepita come tale, perché oggi la tecnologia è più avanti delle leggi che dovrebbero controllare la tecnologia stessa.
Tuttavia dire che la colpa è delle nuove generazioni che non comprano i cd è sbagliato, un ragazzo di 20 anni sa come è fatto un cd giusto grazie alla playstation, provate a comprare una macchina nuova o un computer portatile di ultima generazione per credere..
a breve non esisteranno nemmeno i lettori e il cd sarà roba per collezionisti proprio come è attualmente il vinile. Che piaccia o no il mercato non si ferma davanti alle lamentele di chi vuole mantenere le cose come si è abituati, e i musicisti e addetti ai lavori che saranno più lungimiranti potranno trarne più benefici, in questo caso spotify o altre piattaforme probabilmente aiuteranno a recuperare parte degli introiti persi dai cd, nei prossimi anni ci saranno più utenti premium, nasceranno applicazioni che creeranno una concorrenza etc. proprio come succede in mille altri campi. Insomma bisognerà anche sapersi adattare e reinventare in questo settore se non si vuole fare la fine dei tassisti con Uber o dei pittori ritrattisti dopo l’invenzione della fotografia.., ma ciò che è certo è che in un modo o nell’altro la buona musica esisterà sempre.”
 Alessandro ‘Alle’ Conti (Luca Turilli’s Rhapsody – Trick Or Treat – Lione/Conti)

Chiudiamo con il parere di Flegias, semplice e diretto proprio come la sua musica: “Non uso Spotify e a malapena so cosa sia quindi non ho gli strumenti necessari per giudicare. So solo che se voglio ascoltare della musica accendo il mio stereo.”
Flegias (Necrodeth)

 

“Credo che la polemica venuta fuori su quello che riguarda Spotify possa essere legittima. Però sono convinto che il mondo del metal possa restarne fuori perchè a differenza di altri generi, nel mondo del metal i dischi bene o male si comprano ancora, magari non come prima, ma rispetto al pop, alla dance o ad altri generi il disco fisico resiste ancora, e questo ce lo dimostra anche il ritorno dei vinili. Noi abbiamo la fortuna di avere ancora chi compra i dischi, come dico sempre io vengo da un’altra generazione e ancora oggi, quando compro dischi e ne compro ancora, sono legato a un vero e proprio rituale, il leggermi i testi, guardarmi il libretto, la grafica…è una cosa che mi piace terribilmente. Mi piaceva ancora di più quando compravo i vinili, poi è arrivato il CD ma questo è il mondo che cambia… Oggi ad essere arrabbiati forse sono maggiormente i fruitori della musica digitale, non voglio dire che me ne frego ma io ascoltando ancora la musica su supporto fisico non mi tocca molto questa polemica. Oggi per molti ragazzi giovani la musica è una sorta di take away, di un disco ascoltano una canzone in maniera molto veloce e con ascolti digitali in cuffiette dove la resa non è delle migliori… noi ascoltavamo per mesi un disco, lo consumavamo e alla fine sapevamo tutti i testi a memoria, però è il mondo che cambia, che va avanti… in alto il nostro saluto!” (Trevor – Sadist)