Manowar – The Day the Earth Shook

Il 19/09/2005, di .

Manowar – The Day the Earth Shook

23 luglio 2005, Geiselwind. Quella che deve essere la semplice giornata conclusiva dell’Earthshaker Fest, uno dei più prestigiosi festival estivi europei, grazie ad una serie di incredibili colpi di scena e trovate di grande effetto si tramuta in una mastodontica festa interamente dedicata alla metal band per eccellenza, un sommo tributo ai Manowar tornati in Europa per confermare la fama di indiscussi padroni dell’heavy metal.

E Joey DeMaio e soci non si sono certo fatti pregare, calandosi alla perfezione nei panni dei maestri di cerimonia e intrattenendo i presenti con oltre tre ore di metal epico ma che più epico non si può, ora accompagnati da corale ed orchestra (provenienti da Brno), ora dagli ex membri della band, da Ross “The Boss” a David Shankle, da Rhino a Donnie Hamzick, chiamati per l’occasione ad interagire per una notte con la “drum machine” Scott Columbus, il chitarrista Karl Logan, ed i due leader storici Joey DeMaio e Eric Adams. Ed è proprio il simpatico singer dalle tonsille al molibdeno nostro interlocutore nella lunga chiacchierata che segue, intervista nata per presentare al pubblico italiano ‘Hell On Earth pt. IV’, quarto capitolo di una serie di DVD che, con il passare degli anni, va facendosi sempre più imponente e che verrà presto ulteriormente arricchita con una testimonianza video proprio della “Manowar convention” tedesca. Impossibile, però, non tentare di carpire interessanti notizie riguardo il successore del fortunato ‘Warriors Of The World’, uno dei lavori più attesi dai true metallers di tutto il Globo, del quale un positivo estratto è già stato presentato proprio nel corso dell’Earthshaker riscuotendo sin da subito ampi consensi. Ma lasciamo la parola al piccolo grande singer italo-americano…
La pubblicazione di un DVD è sempre un avvenimento particolare per un gruppo, un evento spesso destinato a rimanere “a sé”, voi invece con ‘Hell On Earth’ siete giunti alla realizzazione del vostro quarto capitolo video. Come mai avete deciso di insistere in questa direzione?
“La ragione di questo DVD è semplice: nell’ultimo tour abbiamo tenuto alcuni dei nostri migliori show di sempre e ci è sembrato giusto dividere l’emozione di quei momenti con tutti i nostri fans, o meglio, di venire incontro a tutte quelle persone che, per un motivo o per l’altro, se li sono persi. Comunque non si tratta di un semplice DVD musicale, dentro ci puoi trovare molto materiale assolutamente divertente: scene di vita sul tour bus, momenti di backstage… avevamo un ragazzo che ci seguiva con la telecamera 24 ore su 24 e di cose interessanti ne ha riprese veramente tante. Diciamo che questo DVD può essere visto come l’antipasto in vista del nuovo studio album: spesso quando si sta lontani dalle scene a lungo i fans si indagano su cosa stia combinando la band, well, con ‘Hell On Earth pt. IV’ abbiamo voluto far vedere loro che in tutto questo tempo non ce ne siamo stati certo con le mani in mano ma abbiamo continuato a fare musica e a lavorare affinchè chi ci ama veramente non possa rimanere deluso”
Quindi più che di una trovata “commerciale”, in questo caso è d’obbligo parlare di un vostro “regalo” agli afecionados dei Manowar…
“Fabio, è proprio così. Ricorda, tutto quello che i Manowar fanno e hanno fatto in passato, è sempre stato dedicato ai loro fans, perché senza di essi i Manowar non sarebbero mai esistiti. E’ per questo che nelle nostre interviste parliamo sempre di loro, o che ad essi dedichiamo una parte importante delle immagini contenute nei nostri DVD, perché sono loro la nostra linfa vitale”.
Il vostro fedele pubblico è ormai affezionato e consolidato. Soprattutto in Europa potete contare su uno zoccolo duro di fans veramente notevole. Pensi che ci possa essere una sorta di “ricambio generazionale” tra il popolo dei Manowar? Credi che la band possa ampliare ulteriormente la sua schiera di afecionados?
“Credo che l’unico modo che ci rimane per raggiungere un numero ancora maggiore di fans sia approdare in televisione, ma anche in questo caso sembra che la situazione stia muovendosi nel verso giusto. In Germania abbiamo già fatto delle comparsate in alcuni programmi televisivi e mi risulta che in Italia, così come in altre parti d’Europa, i nostri video stiano girando con una certa costanza. Certo, a livello di esposizione ci sarà da lavorare ancora molto in questo senso, però come punto di partenza mi sembra più che buono, perché ci rendiamo conto che il nostro credo non si fonde facilmente con quello di radio e televisioni. Noi viviamo di heavy metal, ci nutriamo di metal, respiriamo metal ed è questo che vogliamo trasmettere ai nostri fans, quindi è più facile che qualcuno si avvicini a noi perché con noi condivide questo ideale di vita, piuttosto che perché ha visto un video su MTV. Mai come in questo caso il passaparola è importante, la gente parla di noi per quello che siamo e fa crescere così l’interesse attorno alla band”.
Ma perché, nel 2005, un ragazzo dovrebbe incominciare ad ascoltare la musica dei Manowar?
“Perché i nostri vecchi fans parlano con i ragazzi, li invitano ad ascoltare la nostra musica, mettono in chiaro che qui non ci sono bullshit, che la band non prende per il culo la gente, che la nostra musica è l’ideale per trasmettere energia positiva e che nelle nostre canzoni l’immagine del uomo lascia spazio a quella dell’eroe, e Dio solo sa quanto oggi si senta il bisogno di credere negli eroi. Ti sei mai chiesto come mai il guerriero raffigurato sulle copertine dei nostri album è sempre senza volto? Perché il suo volto è il tuo, sei tu quell’eroe così come possono esserlo tutte quelle persone che si riconoscono nella nostra musica e che riescono a fare loro le nostre canzoni. E credimi Fabio, sono sempre di più questi ragazzi, perché ciò che la nostra musica trasmette sono emozioni forti ma sempre positive, diamo qualcosa in cui credere ai nostri fans e parlando con essi mi sento spesso ripetere che, se ascoltata nei momenti ‘down’ la nostra musica può rappresentare una valvola di sfogo senza eguali”.
Non pensi che quella degli “eroi” possa essere un’arma a doppio taglio? E’ vero che oggi come oggi si avverta il bisogno di un eroe che salvi il mondo dalla rovina, ma è anche vero che l’immagine dell’eroe tutto muscoli e spadoni può apparire ridicola o almeno anacronistica nella società odierna…
“Penso che tu abbia ragione, Fabio, entrambe le tue considerazioni sono valide, però soprattutto in questi ultimi tre anni mi sono reso conto che il bisogno di avere un eroe in cui credere è divenuta quasi un esigenza per molti ragazzi. E questo eroe non deve necessariamente essere un guerriero muscoloso che raddrizzi i torti del mondo, no, è sufficiente qualcuno che parli loro di ciò che è giusto, di qualcuno che faccia riemergere valori importanti come l’onestà, la fratellanza, la sincerità, anche solo attraverso una canzone…”
Come voi, sono sempre più le band che si affidano al DVD per diffondere la propria musica. Pensi che questo supporto rappresenti il futuro della promozione musicale, o il CD rimarrà sempre il padrone incontrastato in questo senso?
“Questa è veramente una buona domanda! Credo che il CD rimane e rimarrà sempre il supporto preferito da chi realmente ama la musica, perché ti offre su un piatto d’argento una serie incredibile di intense emozioni. E’ bellissimo poter sfogliare il booklet, leggere i testi al suo interno e intanto godersi dall’inizio sino alla fine la musica della tua band preferita. Però è innegabile che il DVD riesca in alcuni frangenti ad andare oltre, non accavallandosi però mai con l’utilità del CD stesso, bensì andandolo a completare. Il DVD approfondisce quel discorso multimediale che, per una band, è molto importante. Offre la versione ‘dietro le quinte’ della band, punta tutto sull’effetto visivo e ti catapulta in una nuova dimensione, perché la band non la ascolti solo più, ma puoi anche vederla all’opera. Certo, non potrai mai vivere per intero le emozioni di un concerto completo della band, però se il DVD è ben fatto puoi ricevere anche così le tue belle scariche di adrenalina”.
Il tour immortalato in ‘Hell On Earth pt. IV’ è quello intrapreso per promuovere il vostro ultimo disco ‘Warriors Of The World’. Come giudichi oggi, a tre anni di distanza, un lavoro simile?
“Credo che ‘Warriors Of The World’ sia uno dei migliori album mai incisi dai Manowar. Prima di incidere quel lavoro ci siamo presi un lungo periodo di pausa proprio per poter dare il meglio di noi stessi, cosa che è stata fatta a pieno e questo ci è stato riconosciuto dai nostri fans che lo hanno accolto alla grande e continuano a testimoniarci tutto il loro amore per quel disco. Ed il successo riscosso da ‘Warriors Of The World’ ci è stato di stimolo per la realizzazione del nostro nuovo disco attualmente in lavorazione. Un nuovo brano, ‘King Of Kings’ lo abbiamo presentato all’Earthshaker Festival in Germania ed il responso del pubblico è stato più che positivo”.
Puoi già svelarci qualcosa su quello che sarà il vostro decimo album in studio?
“Posso dirti che la prima canzone registrata per il successore di ‘Warriors Of The World’ è proprio ‘King Of Kings’ ed è un brano che spacca. E’ maestoso come i nostri ultimi lavori, con un arrangiamento orchestrale magnifico, ma allo stesso tempo ha una spina dorsale di acciaio, potente come ci si può aspettare dai Manowar… ma stai pur certo che tutto il disco non deluderà i nostri fans, è una promessa!”.
All’Earthshaker siete tornati ad esibirvi con una vera e propria orchestra sul palco, facendo così fondere il vostro heavy metal con la musica classica. Come ti sei trovato ad interagire “in diretta” con una realtà simile?
“E’ stato un lavoro massacrante! Il fatto è che in questo contesto è indispensabile bilanciare bene il tutto, perché il lato metal non può perdere in potenza ma allo stesso tempo non può, con la sua irruenza, coprire l’orchestra, quindi abbiamo lavorato tantissimo per curare tutto nei minimi particolari. Fortunatamente ci è stato di grande aiuto il direttore d’orchestra, un ragazzo di gran talento che ha saputo coordinare queste due realtà alla perfezione, senza dimenticare il valore dei musicisti stessi: abbiamo parlato a lungo con loro durante le prove che hanno preceduto la nostra esibizione e ci hanno manifestato tutto il loro entusiasmo per ciò che si andava a realizzare, e quando c’è sintonia si riesce sempre a lavorare al meglio. Personalmente ero emozionatissimo dall’idea di esibirmi live con una vera orchestra, anche perché questa realtà è quanto di più onesto ci possa essere nel mondo della musica: con un’orchestra sul palco non rimane più tempo per le stronzate: via campionatori e parti registrate, è tutto suonato, al 100% e la musica emerge nella sua totalità”.
Un altro dei momenti clou dello show tedesco è stato quando i vecchi membri dei Manowar, da Ross The Boss a Dave Shankle vi hanno raggiunto sul palco suonando ancora una volta assieme a voi. Com’è nata l’idea di questa colossale reunion?
“Anche in questo caso si tratta di un regalo che abbiamo voluto fare ai nostri fans. Inizialmente non avevamo idea di cosa sarebbe venuto fuori, sapevamo solo che volevamo suonare ancora una volta con quelle persone che avevano contribuito a costruire la storia dei Manowar. Provando, poi, abbiamo visto quanto imponente uscisse il nostro sound con l’aggiunta di una batteria e due chitarre in più, ma ancor di più abbiamo constatato quando fosse intenso quel ‘family feeling’ che era venuto a crearsi. Sono in parte italiano e so quanto sia importante in Italia il concetto di famiglia… well, quello stesso spirito era venuto a crearsi anche in sala prove, quindi abbiamo pensato fosse una buona idea trasportarlo anche dal vivo, con risultati che parlano da sé”.
Scontato allora affermare che un ‘Hell On Earth Pt. V’ è all’orizzonte…
“Puoi scommetterci! Durante lo show all’Earthshaker avevamo sul palco telecamere che ci riprendevano da ogni angolazione, quindi è stato immortalato tutto della nostra esibizione. In più quella è stata una buona occasione per celebrare in grande stile la storia dei Manowar, incontrando i fans, incontrando vecchi amici e facendo festa. In più lo spirito del festival stesso era eccellente, c’erano ottime band, un gran pubblico… tutti ingredienti che ci hanno permesso di raccogliere molto materiale che sicuramente andrà a finire sul nostro prossimo DVD”.
Prima dell’Earthshaker avete tenuto una lunga serie di concerti in America in compagnia dei Rhapsody, eppure ci sono voci che vogliono la vostra fama in patria neppure lontanamente paragonabile con quella goduta in Europa. E’ proprio così?
“E’ vero, il nostro pubblico è da sempre quello europeo, questo perché in America il metal classico continua a rimanere relegato a fenomeno di nicchia. Eppure anche in America abbiamo uno zoccolo duro di fans che ci segue e ci supporta come più non potrebbe. Prima di intraprendere un tour europeo facciamo sempre un warm up in America; questa volta, ad esempio, abbiamo tenuto quaranta show in ottanta giorni e quasi tutti sono andati sold out. Ok, non abbiamo fatto grandi arene, ci siamo esibiti alla House Of Blues, all’Opera House, al Palladium, eppure abbiamo sempre trovato due-tremila fans ad accoglierci, e questo ci fa ben sperare per il futuro. Anche perché la combinazione metal/musica classica potrebbe essere una buona chiave per aprirci le porte del mercato americano. L’impressione, infatti, è che questo pubblico sia ben ricettivo nei confronti di questa combinazione stilistica, che questo binomio lo incuriosisca e lo stimoli, quindi staremo a vedere se riusciremo a rendere anche in America la musica dei Manowar una religione, così come abbiamo fatto in Europa”.
A proposito di connubio metal/classica: da un punto di vista vocale nel già citato ‘Warriors Of The World’ stupisti tutti cimentandoti con il ‘Nessun Dorma’ di Puccini. Com’è stato il tuo approccio alla musica operistica?
“Quella è stata una prova molto importante per me, perché mi ha spalancato davanti nuovi orizzonti musicali. Quando l’abbiamo suonata la prima volta, in Italia, doveva essere nulla più che una sorta di tributo alla nazione che ci stava ospitando, solamente che, durante la sua esecuzione, abbiamo visto l’entusiasmo negli occhi di chi ci stava davanti, abbiamo visto la passione ed il trasporto emotivo, e questo ci ha convinti ad inciderla in ‘Warriors Of The World’. Per me, come cantante, è però stato ancora qualcosa di più. In scaletta, subito dopo il ‘Nessun Dorma’, avevamo inserito ‘Kill With Power’ e cantandola mi sono reso conto di come la mia voce possa brillare a diverse latitudini nell’oceano della musica, e come l’opera possa andarsi ad incastonare senza problemi in un contesto molto differente come quello di un concerto heavy metal. Da quel momento ho incominciato a curare ancora di più il mio aspetto vocale e a cimentarmi con cose differenti… è una sfida che affronto ogni giorno con grande entusiasmo. Ma ti dirò di più: se dovessi mai incidere un mio disco potrei inserire passaggi operistici, perché cantare il ‘Nessun Dorma’ mi ha divertito moltissimo”.
Beh, pensa che, quando dichiaraste che avevate una sorpresa in serbo per il pubblico italiano, la vigilia di quel Gods Of Metal, tutti si aspettavano una ben più pacchiana ‘Volare’ o ‘O Sole Mio’…
“(Scoppiando a ridere) No, non avremmo potuto mai! Sia ben chiaro, quelle sono canzoni che significano molto per la cultura musicale italiana, ma sono veramente troppo distanti dall’universo dei Manowar! Invece amiamo tutti Pavarotti e il suo feeling, quindi al momento di scegliere la ‘sorpresa’ siamo andati a botta sicura!”.
Hai mai avuto modo di sentire la versione di questo brano proposta da Ian Gillan in coppia con Pavarotti durante un ‘Pavarotti & Friends’? E’ stato qualcosa di agghiacciante…
“Sì, l’ho sentita e sono d’accordo con te! Sai qual è il problema? E’ che quella sera Gillan si è preoccupato più di tenere testa a Pavarotti piuttosto che di interpretare al meglio il brano, e facendo così non ha reso al meglio. Vedi, il ‘Nessun Dorma’ è una canzone che va interpretata, va sentita nel profondo e va cantata seguendo una fortissima onda emotiva. Io per rendere al meglio ho cercato prima di tutto di comprenderla, ci capirne il significato e ciò che mi veniva detto attraverso quelle parole. Ho studiato Pavarotti e diversi altri cantanti, sono andato all’Opera, ho lavorato sodo e ho cercato di scavare a fondo sino a giungere al cuore di questo brano”.

Foto ALICE FERRERO

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