Entropy Fest II, il bilancio al giro di boa

Il 11/03/2018, di .

Entropy Fest II, il bilancio al giro di boa

Con l’approdo in finale di The Glimpse, Rusty Groove e Knowhere, giunge al giro di boa l’Entropy Festival, contest dedicato ai gruppi emergenti giunto alla seconda edizione, di cui Metal Hammer è orgogliosamente partner. Proprio per fare un primo bilancio di quella che è stato il festival sino a qui, abbiamo contattato Douglas R. Rocker, musicista, cantante, produttore, docente, etnomusicologo franco/americano ideatore e anima dell’Entropy Festival. Un’occasione ghiotta per avere anche notizie sul suo ambizioso progetto Docker’s Guild che vede coinvolti, tra gli altri, musicisti del calibro di Guthrie Gowan, Tony Franklin e Amanda Somerville.

Che cosa sta dicendo questa seconda edizione dell’Entropy?
Siamo arrivati al giro di boa, essendo esattamente a metà festival e non possiamo che essere soddisfatti. La risposta del pubblico quest’anno è stata circa il doppio rispetto all’anno scorso, ma soprattutto è cresciuta l’attenzione con cui i gruppi vengono seguiti e sostenuti. Questo vuol dire che chi viene quest’anno è molto più sensibile alle proposte dei vari gruppi e c’è molta voglia di ascoltare buona musica. Un netto passo in avanti rispetto all’anno scorso che non può che farci piacere”.
Rispetto alla prima edizione hai notato cambiamenti, nel bene e nel male?
“A parte la risposta del pubblico di cui sopra, come organizzatori abbiamo imparato molto dai piccoli errori dell’anno scorso. Oggi il festival è molto più snello, avendo eliminato le inutili semifinali, e l’eliminazione diretta dei gruppi evita il problema degli interminabili ripescaggi quando i gruppi si ritirano. L’anno scorso era diventato un problema grave. Abbiamo anche aggiunto un voto del pubblico con un premio speciale che rende il pubblico ancora più attento e partecipe, senza che questo influenzi i risultati della giuria professionale”.
A livello di band come giudichi il livello dei gruppi coinvolti?
“Direi che siamo sullo stesso livello dell’anno scorso, con un livello generale medio-alto. Ci sono molti gruppi amatoriali che suonano per diletto fino a bands di livello già professionale pronte per fare il grande salto se sapranno cogliere le giuste occasioni e soprattutto muoversi bene nel difficilissimo panorama musicale odierno”.
Da contest come questi nasce spontanea una riflessione sulla scena underground italiana. Come la giudichi?
“E’ una scena davvero in pieno fermento, con dei progetti di ottima qualità e davvero interessanti. Questo detto è evidente che c’è un eccesso di offerta rispetto alla capacità odierna del music business di smaltire una tale massa di proposte. Il pinerolese in questo senso è a mio parere perfettamente allineato al resto del paese. C’è molto entusiasmo, ma spesso anche poca qualità e professionalità nell’organizzazione, e soprattutto è inesistente una struttura del music business di livello professionale che permetta ai gruppi di emergere. E’ tutto basato molto sullo sfruttamento. Come membro della giuria, a mio avviso chi ha una marcia in più rispetto agli altri è chi osa essere originale e diverso. Chi si mette in gioco proponendo progetti, che siano covers/tributi o gruppi originali, che non cadano nella banalità e nel già fatto. Chi pensa di interessare il pubblico con l’ennesima cover band di Vasco si crea un business facile, ma ha veramente poco da dire a livello artistico, che è quello che interessa a me. Lo stesso per i gruppi originali: chi pensa di fare il botto con un gruppo power metal che clona i Maiden o i Judas ha già perso in partenza, non può che affogare nell’anonimato. Bisogna essere creativi, originali, sapere osare, accettare delle sfide che a priori possono sembrare impossibili. E poi c’è il lunghissimo discorso sul sapersi creare la propria “carriera”. Oggi vince chi si sa muovere, non tanto con i locali, ma con le piattaforme social e interattive. Mi arrivano sempre gruppi, spesso originali, con 300 fans su Facebook che incolpano i gruppi tributo di togliergli opportunità e visibilità. Se così fosse, non ci sarebbero gruppi simili con 30000 fans e 1 milione di visualizzazioni su YouTube. Bisogna crearsi il proprio spazio, non aspettare che arrivi, perché non succede”.
Cosa ti aspetti dal prosieguo del contest?
“Innanzi tutto divertimento e la creazione di un’atmosfera serena e di collaborazione, cosa oggi cruciale per portare avanti un progetto musicale. E’ stato il nostro obiettivo fin dall’inizio. L’anno scorso ha funzionato abbastanza bene, a parte un paio di eccezioni. Quest’anno stiamo notando passi in avanti notevoli e stiamo conoscendo una serie di gruppi e musicisti davvero fantastici, soprattutto a livello umano. Il futuro sta lì, oggi la chiave di tutto è la collaborazione. Chi si atteggia a superstar, e gioca di invidia, competizione, boicottaggi e vari atteggiamenti furbi e disonesti, ha vita breve. Per fortuna la scena si sta muovendo nella direzione giusta e questo ci fa molto piacere”
Spostandoci per un istante dal discorso Entropy, ti va di parlarci del tuo progetto Docker’s Guild che personalmente trovo decisamente interessante? 
“Il progetto Docker’s Guild, che come sai è il mio progetto principale, una space metal opera internazionale che ha visto collaborare grandi artisti quali Guthrie Govan, Tony Franklin, Amanda Somerville e tantissimi altri, è arrivato al terzo album, su un totale di nove. Purtroppo è rimasto in fermo per 2 anni a causa di gravi problemi di famiglia che ho dovuto affrontare. L’album è quasi pronto… nella mia testa, ma non sono finora riuscito a trovare né il tempo né l’energia per accendere il Mac e iniziare la preproduzione. Ho però deciso che domani si parte, visto che i miei problemi si sono un po’ risolti, adesso ho tutto il tempo di dedicarmi a questo terzo capitolo, che sarà molto più oscuro rispetto ai primi due”.