Blind Guardian – Verso il futuro

Il 06/09/2022, di .

Blind Guardian – Verso il futuro

Il nuovo album dei Blind Guardian è finalmente arrivato, e tra sbandieramenti da parte della critica di un ritorno al sound del passato e teorie contrastanti che parlano invece di un nuovo inizio per la band siamo ancora qui a cercare di capire come inquadrare questo nuovo, ricco, lavoro. Dario Cattaneo  la sua l’ha detta nella recensione di qualche giorno fa, con questa intervista scopriamo invece cosa ne pensa il chitarrista Olbrich a riguardo…

Ciao Andrè! Riprendere per i nostri lettori quanto successo dalla pubblicazione di ‘Beyond The Red Mirror’ può essere un po’ difficile, visto che si parla di sette anni fa… quindi, se sei d’accordo, vedrei tutto punto per punto. Per iniziare, il periodo a cavallo tra il 2019 e il 2020 è stato afflitto dalla pandemia, un evento che ha colpito in maniera drammatica la carriera di molte band. Come hai vissuto quel periodo, come band e come persona? Era frustrante non poter suonare dal vivo o insieme? O avete sfruttato il tempo ‘libero’ per andare avanti con la fase compositiva e completare il nuovo album?
“Non è stato divertente per nessuno, e quindi di sicuro abbiamo subito l’impossibilità a portare avanti le nostre schedule come abbiamo sempre pianificato, ma devo anche dire che il tempo in più che ci siamo trovati l’abbiamo utilizzato con profitto. Ad esempio, si sono fatte e registrate delle demo per queste song, cosa che in passato abbiamo sempre sacrificato per registrare la canzone finale, per dire. Le demo sono importati per me, ti permettono di scoprire piccoli bug nelle canzoni di cui normalmente non ti accorgeresti o te ne accorgi in studio e hai meno tempo per girarci intorno. Registrare una canzone finita dopo aver lavorato a una demo viene più facile, perché la forma generale e le piccole trappole che possono esserci le hai già sistemate, e quindi non ti resta poi che lavorare sui dettagli, sugli abellimenti. Il risultato è più fruibile, secondo me. Poi il tempo in più che abbiamo avuto a causa della pandemia l’abbiamo usato per suonare assieme, una volta potuti uscire, e anche questo ha contribuito a creare canzoni solide, che funzionano davvero. Ecco, la cosa che invece ci è sembrata proprio negativa è stato il secondo anno, il 2021, nel quale avevamo già pronto più o meno tutto e non potevamo pubblicare quando avremmo voluto e abbiamo avuto poche occasioni di presentare qualche brano sul palco e raccogliere qualche feedback. Li siamo andati un po’ alla cieca, diciamo.”

‘The God Machine’ è in effetti un album con un sound un po’ diverso dagli ultimi lavori. Dovessi basarmi su quanto sentito fino ad adesso, dire che ha l’atmosfera, l’approccio, degli album degli anni Novanta, ma diverse caratteristiche che guardano invece al futuro. Tu pensi a questo album come a un tuffo nel passato o più come una sorta di nuovo inizio, riprendendo alcune cose che avete magari un po’ trascurato negli ultimi lavori?
“Io devo sempre andare verso il futuro. Sono fatto così. Tornare indietro mi annoierebbe, e sono convinto che annoierebbe anche gli ascoltatori. Anche se loro dicono di no. Quindi ti dico che non è né un nuovo inizio né un tuffo nel passato, è un passo in avanti. Quando abbiamo parlato, e abbiamo deciso di tornare a fare pezzi più veloci e potenti, lo abbiamo fatto in maniera proattiva, portando le nostre esperienze e quanto abbiamo costruito come sound nel passato, ma proiettandolo verso il futuro. L’idea era suonare speed metal – o power – ma del 2022, non il power degli Anni ’90. L’energia, la brutalità e il feeling sono quelli del power degli album di quegli anni, ma l’approccio e il sound dovevano essere moderni, devono rappresentare i Blind Guardian di adesso. Abbiamo cercato di equilibrare questi elementi, sposando un sound più scarno ma in cui i dettagli tipici nostri potessero starci e risaltare.”

Mi aggancio a questa questione di un sound più scarno ma potente. Il 2019 ha visto anche la pubblicazione dell’album orchestrale “Legacy Of The Dark Lands”. Questo punto è interessante, perchè su ‘The God Machine’ sembra esserci una separazione tra il lato orchestrale del tuo suono e il lato metal. ‘Beyond the Red Mirror’ era un concentrato di entrambi, avete pensato che fosse meglio separare i due aspetti e registrare un album completamente orchestrale e uno più diretto o è stata un’evoluzione più naturale?
“No, non è stato pianificato. Avevamo intenzione di finire l’album orchestrale perché se ne parlava da tempo e abbiamo sempre creduto in quel progetto; però una volta finito è stato naturale volersi concentrare su altro. Abbiamo lavorato per così tanto tempo a orchestrazioni, sovraincisioni, dettagli, elementi orchestrali; che tutti noi dopo volevamo fare qualcosa di diverso. Come se avessimo bisogno di pulirci la mente, e il modo migliore di farlo era essere una metal band di nuovo. Quindi l’idea di un album che abbracciasse il lato metal della nostra creatività diciamo che ci veniva già spontanea, però poi il coronavirus ci ha colpito e tutto almeno intorno a me è diventato più difficile. Più cupo, più duro. Ed ecco che questa durezza si è espressa nella musica che stavamo componendo in quel momento. Quindi: il ritorno al lato metal è stata una scelta naturale, e quanto successo al mondo intorno a noi non ha fatto che rafforzare l’idea che stavamo andando nella direzione che volevamo.”

Non direi però che solo la velocità o la brutalità mi hanno stupito… però devo ammettere che alcuni passaggi hanno proprio quel vibe degli Anni ’90 che mi hanno fatto innamorare della vostra band. Il drumming un po’ più selvaggio, simile al passato, la voce più incazzata di Hunsi…
“Stai dicendo il giusto! Quest’album è facilmente la miglior performance di Fred (Ehmke, ndr) su un album dei Blind, e per quanto riguarda Hunsi… beh, quando abbiamo finito di comporre le parti ritmiche e lui ha dovuto cantarci sopra… diciamo che è stata un po’dura, soprattutto perché ora è chiaramente più vecchio di venti o trenta anni fa. Però, ha fatto un lavoro incredibile, siamo soddisfattissimi.”

Capisco l’eccitazione! Senti, al di la delle differenze – volute o meno – nel sound, il modo di lavorare all’album è cambiato a causa della pandemia? O avete mantenuto il vostro modo di lavorare?
“Dal lato compositivo per me è cambiato poco. Io scrivo e compongo le mie parti e le idee principali delle canzoni da solo nello studio di casa mia e così ho continuato a fare. Non posso fare altrimenti, ho bisogno di entrare nella parte, nella canzone, in un mio modo personale, e essere da solo è l’unico metodo che conosco per riuscirci. Quindi per me è cambiato poco: scrivevo i pezzi, li mandavo ad Hunsi che mi dava i suoi feedback, e poi si condividevano i pezzi già più o meno scritti. La pandemia non mi ha cambiato niente, avrei fatto così comunque. Ho solo avuto più tempo per fare le cose meglio, come ti dicevo prima.”

 Andando un attimo all’artwork… è molto bello, ma colpisce perché diverso dal vostro standard diciamo. E’ anche per quello che ti ho chiesto se l’album è una sorta di nuovo inizio, la copertina sembra quasi suggerirlo…
“Si, un po’ ci hai preso. Lo stacco netto con ‘Beyond The Red Mirror’ e ‘At The Edge Of Time’ lo vediamo anche noi, e volevamo un immagine che rappresentasse la rottura stilistica. Però, non un immagine che richiamasse i lavori vecchi, non era quella l’intenzione. Volevamo un approccio più moderno, ma sempre nell’ambito del fantasy. Abbiamo cercato e abbiamo trovato alcuni artisti che potevano fare al caso nostro, e abbiamo contattato questo Peter Mohrbacher. Gli abbiamo chiesto di realizzare un artwork per quest’album e lui l’ha fatto… però anche se il lavoro che ha fatto per noi era molto bello, quest’immagine che aveva già disegnato in passato per altri scopi ci piaceva di più e gli abbiamo chiesto se potevamo usare questa. Ci ha accontentato. L’aveva già usata per altri scopi, per un libro mi pare, ma visto che nella musica era un dipinto diciamo inedito, ci ha lasciato il permesso di usarla gratis. E’ stata una cosa strana, ma devo dire che ancora adesso questa immagine rimane la mia preferita per quest’album.”

Qual è il pezzo dell’album che preferisci? E quello che ti ha fatto dannare di più da comporre?
“Come ti dicevo per me l’importante è l’innovazione, e quindi il mio pezzo preferito è quello che tutti trovano più avulso dal sound generale dell’album, ovvero ‘Life Beyond The Sphere’. Va in una direzione più futuristica, quasi cyberpunk, e rappresenta quello sguardo al futuro che per me era importante dare. Ne sono davvero molto fiero, anche perché introduce degli elementi del tutto particolari. Uno di quei brani che ti fa dire che nessun’altra band ha registrato qualcosa che ci somiglia. Per il brano più difficile direi ‘Destiny’… ha una parte di chitarra iniziale che usa una tecnica che per me era nuova. Ho fatto molta fatica a imparare questa tecnica e a impiegarla su quell’intro così come l’avevo pensato. Però il risultato mi piace… sono convinto che in ogni album dei Blind ci sia qualcosa di ‘nuovo’ che abbiamo provato dal punto di vista tecnico o della registrazione; questa volta è stata la parte introduttiva di ‘Destiny’, senza dubbio.”

Parlando di promozione, delle nove canzoni dell’album ne abbiamo però già ascoltate quattro… non è tanto? È mezzo album alla fine… Sembra che il modo di promuovere gli album, con solo uno o due singoli fisici con un lato B, sia oramai passato e finito… pensi che la diffusione dei social media abbia influito su ciò?
“Questo non lo so, domanda troppo difficile, ma ti posso dire perché per ‘The God Machine’ abbiamo fatto uscire tanti spoiler. Semplicemente volevamo far uscire l’album molto prima. La data iniziale era febbraio. Ma la Nuclear Blast ci disse che era impossibile, che con i dischi che erano stati fermati per la pandemia e le difficoltà logistiche di distribuzione non sarebbe stato possibile prima di maggio. Ok, ci siamo detti: maggio. Ma poi ancora le cose sono andate male, e ci hanno detto che dovevamo scegliere se fare due release distinte, una sorta di doppio album. La sola idea ci ha fatto rabbrividire e quindi ci hanno spinto a settembre. E’ stato un vero calvario. E questo ce l’hanno detto l’anno scorso. Quindi abbiamo dovuto riempire lo spazio per così dire… avevamo dieci mesi di niente con l’album già registrato e quindi abbiamo cercato di fare quanti più video potevamo perché odiavamo stare fermi ad aspettare. Nessun piano o ragionamento legato ai media, semplicemente i tempi non ci hanno aiutato.”

Capito. Ma almeno i feedback raccolti in questi mesi sono stati utili? Vi hanno caricato in attesa della fatidica data?
“Si, devo dire di sì. Abbiamo avuto feedback molto calorosi, molto positivi. In un mondo social dove ogni cosa che fai può scatenare shit storm enormi, l’aver raccolto tanti complimenti ci ha aiutati. CI ha fatto capire che era l’album giusto da pubblicare in questo periodo storico.”

I feedback dunque sono così importanti per voi? Prima non hai inserito questo trai motivi, ma pensandoci ora diresti che in qualche modo le richieste dei fan possano aver pilotato almeno in parte il vostro ritorno verso sonorità più dure e veloci?
“No, non fraintendiamo. Non ho detto questo. Mi fa piacere sentire le critiche – positive o negative – come conferma o confronto di quanto fatto, ma non le ho mai prese come binari per tracciare una direzione futura. No. Non funzionerebbe per me. Il discorso per la musica dei Blind Guardian si basa solo sulla creatività, e quella viene come ti dicevo dal guardare al presente, da non tornare indietro. Io lo so che la gente dice di volere un altro ‘Imaginations’, ma so anche che non è quello che vogliono veramente. Lo dicono, ma non è così. Non voglio ascoltare richieste di questo tipo e lasciare che mi influenzino, non lo abbiamo mai fatto. Ma capire perché un lavoro nuovo è piaciuto o meno e fare tesoro del feedback è un altro tipo di discorso. Io a questo mi riferivo.”

Ti ringrazio per aver chiarito questo discorso, che tra l’altro chiude le fila con tutte le domande sull’album che ti ho fatto finora. Solo un’ultima domanda: un consiglio per le giovani band che iniziano in questo disgraziato periodo a percorrere il loro percorso verso il successo?
“Concentrati su te stesso, su quello che vuoi e su come fare per ottenerlo. Cerca sempre di innovare, di mettere qualcosa di nuovo in quello che fai, e di andare avanti con il momento che hai generato. Devi sempre muoverti, cercare di progredire. Questo è quello che consiglierei.”

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