5 curiosità che forse non sapete su… Tony Iommi

Il 19/02/2021, di .

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5 curiosità che forse non sapete su… Tony Iommi

Anthony Frank Iommi è nato a Birmingham (UK). Ha fondato a fine anni Sessanta i Polka Tulk Blues Band, il gruppo che sarebbe divenuto un quartetto prima col monicker Earth e poi Black Sabbath, dando inizio a una leggenda che avrebbe cambiato per sempre la Storia della Musica. Vera e propria fucina di riff iconici ed epocali, è sicuramente uno dei chitarristi che più hanno influenzato le generazioni a venire grazie ai lavori storici rilasciati dalla formazione originaria dei Sabbath, da cui vengono indiscutibilmente le radici che hanno portato alla nascita dell’heavy metal, del filone dark e del fenomeno grunge, solo per citarne alcuni. Una presenza scenica che è iconica di per sé, data l’immancabile Gibson SG suonata da mancino e con accordatura ribassata, come conseguenza di un incidente sul lavoro agli albori della carriera che gli portò via due falangette, creando paradossalmente i presupposti per il sound cupo e incredibilmente moderno che avrebbe ispirato tanti dopo di lui. Ma forse non tutti sanno che…

Kill Your Idols

Tutti gli esegeti dei Sabbath sanno che Tony Iommi si unì per un brevissimo periodo ai Jethro Tull prima della registrazione del seminale debutto della band madre; in quella circostanza ebbe l’occasione di partecipare al Rock And Roll Circus messo su dai Rolling Stones con una versione di ‘Song for Jeffrey’ in playback fatta eccezione per le linee vocali di Ian Anderson. Fu durante le prove del concerto che Ian aprì a Tony gli occhi sul music business e su quanto ruotava attorno ad esso, appena scoprì che il talentuoso anglo/italiano aveva un debole per Eric Clapton. “Chi, quello?”, indicò Anderson, riferendosi a un tizio che non riusciva neanche a imbracciare la chitarra durante le prove. Delusioni a parte, la breve esperienza con i Tull permise a Iommi di portare ai Black Sabbath nuova linfa, specie per quanto riguarda l’adozione di una tabella di marcia rigorosa e professionale.

There’s Danger And A Promise To Be Told: You’ll Never Get Old

Nonostante le origini italiane, una caratteristica indiscutibilmente britannica di Tony Iommi è lo humour: più che “nero”, dedito a scherzi di ogni tipo. Il principale bersaglio dei suoi lazzi è sempre stato Bill Ward: una volta veniva ricoperto di una patina dorata effetto sarcofago, un’altra gli veniva appiccato il fuoco addosso… cose così. Durante le session di ‘Heaven And Hell’ qualcosa andò talmente storto che fu la stessa madre di Ward a intervenire e a redarguire Iommi e gli altri, neanche fosse dinanzi a un branco di monelli o teppisti di strada. O sì?

I Witness

Si sa: quando si ha un disco nuovo tra le mani, l’entusiasmo è alle stelle e lo stesso vale per la voglia di gridare alla stampa e ai fan che quello che si è realizzato è un lavoro imperdibile. Fa comunque un certo effetto rileggere – a quasi trent’anni di distanza – le dichiarazioni rilasciate da Tony Iommi su ‘Cross Purposes’, secondo cui “chiunque voglia capire chi sono i Sabbath e dove stanno andando dovrebbe avere questo disco, assieme a ‘Heaven And Hell’ e al primo”. Certo, il sornione chitarrista non è mai stato troppo tenero con se stesso guardando al periodo con Tony Martin: popolarità ai minimi storici, la latitanza del fido compare Butler (approdato per ben due volte alla corte di Ozzy) e un disco live (‘Cross Purposes – Live’) rilasciato solo per onorare agli impegni contrattuali, su cui dichiarò, ridendo sotto i baffi: “sono i fan che hanno scelto le canzoni che compongono la scaletta del concerto. Voglio dire… non è che lui le sappia cantare” – riferendosi a Tony Martin. Nonostante tutto, Iommi ha di recente espresso il desiderio di voler mettere mano assieme al produttore Mike Exeter al sound originario di Ernie C su ‘Forbidden’, propugnando una ristampa di quel disco assieme a ‘Cross Purposes’, magari con qualche bonus track. Chissà se sa il motivo per cui quel periodo della band è così conosciuto in Italia…

Happy Birthday, Her Imperial Majesty

Siamo nel 2012, nientemeno che il Giubileo di Diamante della regina Elisabetta. Grandi celebrazioni, grande esposizione della britannicità dinanzi al palco d’onore dei regnanti, con Brian May che suona ‘God Save The Queen’ dal tetto di Buckingham Palace. Potevano mancare i nostri beniamini? Certo che no! Per l’occasione, i soli Osbourne e Iommi vennero invitati per una performance speciale di ‘Paranoid’, accompagnati da session men di lusso come Pino Palladino e Phil Collins, sempre sotto lo sguardo da “stiff upper lip” della Casa Reale. Non così nel parti successivo, quando i due eroi di Birmingham vennero avvicinati da William e Harry Windsor per i complimenti e l’entusiastica esclamazione “dovevate fare ‘Black Sabbath’, quella sarebbe stata una performance mitica!”. Chissà cosa ne avrebbe detto la nonna…

Friends Will Be Friends

Oltre a essere uno dei chitarristi più influenti di tutti i tempi e l’indiscusso riffmaster dei Black Sabbath, una cosa che caratterizza Iommi è la passione per le collaborazioni, prima mutuata dagli sfiancanti cambi di line-up della band madre, poi dovuta a precise scelte nei suoi dischi solisti. Anche perché, come è evidente dalla definizione “Black Sabbath featuring Tony Iommi”, lo stesso ‘Seventh Star’ era stato inizialmente pensato come il primo disco solista del chitarrista di Birmingham. Tra vecchie e nuove generazioni che si sono succedute nelle session di ‘Iommi’ del 2000 e il rinnovo della collaborazione con Glenn Hughes per ‘The 1996 DEP Sessions’ e ‘Fused’, a spiccare è l’amicizia con gente come Eddie Van Halen (ospite su ‘Evil Eye’) e soprattutto con Brian May, sodale di lunga data e autore/esecutore dell’assolo di ‘When Death Calls’, presente su ‘Headless Cross’. Proprio May volle Iommi al suo fianco in occasione del Freddie Mercury Tribute del 1992, per pezzi come ‘I Want It All’, ‘Hammer To Fall’ e ‘Stone Cold Crazy’ (quest’ultima insieme a uno scatenatissimo James Hetfield), accogliendolo con tutti gli onori con un memorabile duetto sul riff di ‘Heaven And Hell’!

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