Attack!! – I vent’anni del sodalizio tra Yngwie Malmsteen e Doogie White

Il 15/10/2022, di .

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Attack!! – I vent’anni del sodalizio tra Yngwie Malmsteen e Doogie White

Anno di anniversari per Yngwie Malmsteen, questo 2022. Dopo essermi occupato del trentennale di ‘Fire & Ice’ tocca ora al ventennale dell’ultimo disco che personalmente ho ascoltato per intero dello svedesino tutto pepe, ‘Attack!!’, uscito appunto nel 2002.
Concedetemi una premessa: ognuno avrà le sue opinioni, ma l’apporto di Malmsteen su un certo tipo di metal resta fondamentale, per la capacità di fondere gusto neoclassico e cavalcate tipiche dello strutturando power metal europeo, portando avanti la lezione che i Rainbow avevano già codificato un decennio prima. Per queste motivazioni, si possono individuare nella sua carriera i dischi imprescindibili (i primi quattro, con ‘Trial By Fire – Live in Leningrad’ come culmine) e i gradevolissimi, che non aggiungono nulla di nuovo ma sulla cui fattura compositiva c’è poco da discutere. Quest’ultima categoria include gli album almeno dino a ‘The Seventh Sign’ o se vogliamo fino a ‘Facing the Animal’, laddove col successivo ritorno di Boals inizia un declino nella produzione accompagnato da una passione malsana per il gigantismo nel minutaggio nello stile dei Metallica e dei Maiden che verranno.
In questo scenario, ‘Attack!!’ si colloca oltre quel confine immaginario e si presenta come il tipico disco riuscito soltanto a metà, come si suol dire. Tra i punti a favore c’è di sicuro la presenza di Doogie White, ennesimo elemento pescato dal vivaio dei Rainbow e dunque dalla corte dell’eterno mentore Ritchie Blackmore, che come i predecessori Turner e Powell non può fare a meno di portare parte della sua eredità tra i solchi. Ovvio dunque che su ‘Attack!!’ sia possibile ritrovare il flavour di quello ‘Stranger in Us All’ che rimane il riuscitissimo commiato di Blackmore dal rock, grazie anche all’apporto della timbrica del singer scozzese.
In più, su questo album di Malmsteen è possibile tracciare un confine netto tra la parte interessante della tracklist e quella piena zeppa di filler: semplicemente, Yngwie spara tutte le cartucce all’inizio per poi lasciar defluire il lato B virtuale senza metterci troppo impegno, strumentali a parte. Così, dopo l’attacco di prepotenza con le scale neoclassiche di ‘Razor Eater’ e il richiamo a ‘Deja Vu’ della successiva ‘Rise Up’ (e anche della title track, in un certo qual modo) il disco si apre a quelli che potremmo anche definire gli ultimi classici del nostro, la solenne ‘Valley Of Kings’ e l’incalzante ‘Ship Of Fools’, su cui si respirano tutte le atmosfere del proto-power codificate dall’Arcobaleno ma anche quelle introdotte dalla Rising Force negli anni d’oro.
Come già anticipato, la seconda parte del lavoro non è all’altezza della prima, rasentando l’inconsistenza e prevedendo addirittura un episodio con il lider maximo dietro al microfono (‘Freedom isn’t Free’), una condizione che diverrà permanente di lì a poco. In più, a mano a mano che la tracklist va avanti si ha la strana impressione che la voce di White perda di spessore e consistenza, neanche fossimo dinanzi a un disco dal vivo – anche se, conoscendo i metodi rudimentali utilizzati dal Nostro in fase di produzione, il sospetto che la lavorazione sia stata un po’ artigianale è più che fondato. Insomma, ‘Attack!!’ non suona inspiegabilmente disastroso come il precedente ‘War To End All Wars’ (che era probabilmente stato prodotto nella cantina della famiglia Lannerbäck), ma poco ci manca.
Non si può però negare che quest’album dispieghi tre strumentali di un certo livello, ‘Baroque & Roll’ (poi spesso ripresa nei suoi video didattici), la melliflua ‘Majestic Blue’ e la conclusiva ‘Air’, la versione in studio definitiva della celebre Aria sulla Quarta Corda di Johann Sebastian Bach, che gli appassionati ricorderanno come introduzione a ‘Black Star’ all’epoca d’oro di Leningrado.
La domanda resta pendente: fu vera gloria? Per me il viaggio nella discografia di Malmsteen si chiude qui, nonostante White abbia partecipato anche al successivo ‘Unleash the Fury’ e nonostante l’arrivo successivo di Ripper Owens (il cui passaggio migliore però resta quello su ‘Jugulator’ dei Priest, nel bene e nel male). Sarei stato curioso di sentire il singer alle prese coi classici, sebbene non goda della stessa estensione di alcuni suoi blasonati predecessori, ma il Tubo non è molto generoso in merito, forse anche per via della partecipazione di Yngwie al G3 con Satriani a Vai sin dall’anno dopo, con lo stesso concentrato su questo prestigioso impegno. Resta la testimonianza di un disco con alcune frecce al suo arco, con un ultimo scampolo di Rainbow al suo interno e con l’innesto di Sherinian per la prima volta alla corte del Nostro – sebbene il suo apporto sia ridotto all’osso, rispetto ai fasti del passato che diedero molto spazio ai predecessori Johansson e Olausson in una serie di “duelli” tra chitarra e tastiera che il buon Derek potrà riesumare molto più avanti con il suo approdo alla corte di Schenker. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…

Hammer Fact:
– Secondo la vulgata imperante all’epoca, i due punti esclamativi dopo il titolo rappresenterebbero le Twin Towers, in una sorta di richiamo agli attentati dell’11 settembre 2001, avvenuti poco più di un anno prima della pubblicazione. Il testo sembra confermare…
– Tra le immancabili bonus delle versioni giapponesi figura una versione della storica ‘Dreaming’ dal vivo che non mi è dato di trovare in giro ma anche ‘Nobody’s Fool’, che ricorda tanto quella ‘All Night Long’ suonata dal Nostro assieme a Graham Bonnet per un tour intero. E anche qui torniamo a parlare di Rainbow…

Line-Up:
Yngwie J. Malmsteen: guitars, bass, lead vocals on “Freedom Isn’t Free”
Doogie White: vocals
Derek Sherinian: keyboards
Patrick Johansson: drums

Tracklist:
01. Razor Eater
02. Rise Up
03. Valley of Kings
04. Ship of Fools
05. Attack!!
06. Baroque & Roll
07. Stronghold
08. Mad Dog
09. In the Name of God
10. Freedom Isn’t Free
11. Majestic Blue
12. Valhalla
13. Iron Clad
14. Air

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