Motley Crue – All In The Name Of Rock’n’Roll

Il 19/06/2003, di .

Motley Crue – All In The Name Of Rock’n’Roll

Tornano o non tornano? Si riformano o non si riformano? Gli interrogativi che avvolgono il nome dei Motley Crue sono tanti, come tanta è la nebbia che ancora avvolge il futuro degli ex “ragazzi cattivi” del rock’n’roll. Quello che è certo è che, dopo il successo riscosso dall’autobiografia ‘The Dirt’, il nome dei Crue è improvvisamente tornato in auge. Un film sulla loro vita è alle porte, una pioggia di box set e DVD hanno invaso il mercato discografico e voci su un reunion tour mondiale iniziano a farsi sempre più insistenti. Proprio per cercare di saperne un po’ di più, abbiamo contattato un disponibile Nikki Sixx in versione manageriale…

“Avevamo un jet, soldi a palate e potevamo fare il cazzo che volevamo. ‘Girls, Girls, Girls’ fu l’esperienza più fantastica della mia vita, o almeno lo credo, perché non ricordo più niente, se non una folle confusione. Facevamo casino ventiquattro ore al giorno. Si poteva guardare l’orologio in qualsiasi momento e immaginare con precisione quale stronzata stavamo facendo. Per un po’ ci fu addirittura un pusher che seguiva il nostro pullman a bordo di un’esotica Excalibur targata ‘dealer’ (pusher). Ogni volta che scendevamo, lui appariva all’improvviso con il Rolex tempestato di diamanti, le catene d’oro e due puttane appese al braccio e ci lanciava pacchetti di bamba. Quotidianamente si rinnovava il conflitto tra la nostra band, votata all’autodistruzione, e la casa discografica, decisa a tenerci sotto controllo. Forse vincemmo una battaglia ma perdemmo la guerra. Fu l’ultimo tour di quel tipo per noi”. (Tommy Lee da ‘The Dirt’). Correva l’anno 1987, ‘Girls Girls Girls’ era in vetta alle classifiche di mezzo mondo e i Mötley Crüe avevano ormai raggiunto livelli inimmaginabili per una band hard rock, uno status in seguito sfiorato solo dai “cugini” Guns’n’Roses (che, guardacaso, ai Crue fecero da spalla proprio in quegli anni), oggigiorno paragonabile forse solo a quello dei grandi big della “MTV Generation”. All’interno di questa “cupola dorata”, però, brulicava un mondo di perversione e autodistruzione. Droga, sesso estremo, fiumi di alcool ingurgitati al ritmo del rock’n’roll più sfrontato e spettacolare erano linfa vitale per Nikki Sixx, Vince Neil, Tommy Lee e Mick Mars, la morte viaggiava a braccetto con questi quattro freak nati nei sobborghi di Los Angeles e solo per un bizzarro scherzo del destino le loro quattro esistenze non sono esplose in uno sconvolgente boato. Uno scherzo che non solo ha consentito ai Crue di uscire indenni da overdosi di eroina, crack finanziari, divorzi miliardari e disastri automobilistici, ma ha consentito loro, oggi, di narrare le loro gesta in un libro, ‘The Dirt’ che, paradossalmente, potrebbe rappresentare una nuova rampa per rilanciare il nome dei Mötley Crüe dopo i fallimenti degli ultimi dischi. Mai come oggi, infatti, il loro nome è ritornato a circolare con insistenza sulle bocche dei rockers più nostalgici, MTV è tornata ad interessarsi ad essi (e questa volta non più per le performance di Tommy Lee con Pam Anderson) finanziandone un film sulle loro vite e l’ipotesi di un reunion tour mondiale è andata a farsi via via più concreta. Certo, c’è da convincere il cinguettante Vince Neil a ricucire i rapporti con il “superdotato” batterista, c’è da vedere che piega prenderà l’avventura dei Brides Of Destruction (il super gruppo che vede coinvolti Nikki Sixx, Tracii Guns, London LeGrand e Scot Coogan), c’è da valutare i risultati commerciali dell’“operazione box-set” intrapresa dai Mötley Crüe, ma l’impressione è che, alla fine, i soldi avranno la meglio su tutto e l’atteso reunion tour si farà. Chi non ha dubbi in proposito è un rilassatissimo Nikki Sixx, contattato per promuovere la fitta serie di box e DVD griffati ‘Crue, immessi sul mercato nel periodo natalizio ma presto chiamato a rispondere sui più svariati aspetti della sua malsana creatura.

Allora Nikki, si può sapere una volta per tutte che cosa stanno combinando i Mötley Crüe?
“(Nikki Sixx) Che cosa stanno combinando i Mötley Crüe? Vuoi avere qualche notizia su quel dramma che tu chiami Mötley Crüe?”

Beh, sì, anche se mi sembra strano sentirti definire “dramma” la tua band!”
“E come dovrei definirla secondo te? È un dramma da sempre, sono vent’anni che suoniamo e di sano, nelle nostre menti, è rimasto ben poco!”.

Ok, allora te lo chiedo in modo molto più crudo: i Mötley Crüe si sono riformati sì o no? Vanno in tour nel 2004 o no?
“Ok, allora la situazione è questa: il tour è nei nostri programmi, ma non immediatamente. Contiamo di andarci dopo l’uscita del nostro film basato sui fatti narrati dalla nostra autobiografia ‘The Dirt’ e realizzato dalla Paramount Pictures in collaborazione con MTV. Il film dovrebbe essere in distribuzione nei primissimi mesi del 2005 e, parallelamente ad esso, è nostra intenzione partire per un lungo tour. Alla luce di questo, è possibile che sul finire del 2004 entreremo in studio, registreremo nuove canzoni, cercheremo di ritrovare il giusto affiatamento e vedremo se questa banda di pazzi sarà ancora in grado di tenere gli strumenti in mano!”.

Certo che un film su di voi… non è che si tratta del solito documentario da due soldi tutto scandali e pettegolezzi?
“Oh no no no! Sarà un vero e proprio film con tanto di attori, registi, produttori…una cosa indipendente da noi. I Mötley Crüe sono stati per questo film una sorta di musa ispiratrice e faremo da consulenti esterni alla produzione. È un film sulla nostra storia ma, per una volta, il ruolo di protagonisti lo lasceremo ad altri. Ho letto la prima stesura delle scene e mi sembra che il lavoro sin qui fatto sia eccellente”.

In attesa di film e tour avete dato alla luce la serie di box ‘Music To Crash Your Car To’. Che senso ha un’operazione simile proprio in questo momento della vostra carriera?
“Il fatto è questo: era da un po’ di tempo che la Universal Europe aveva intenzione di lanciare sul mercato il box ‘Loud As F@*k’ per consentire anche ai più giovani di avvicinarsi alla musica dei Mötley Crüe. Questa è un’iniziativa senza dubbio interessante che può far conoscere a ragazzi di un’altra generazione una band fondamentale come i Mötley Crüe, ed è destinata in particolar modo al mercato europeo. Per quello americano, più legato per tradizione al mondo dei Mötley Crüe, è stato concepito invece ‘Music To Crash Your Car To’, un’opera mastodontica che racchiude in sé tutta la storia della band. Questo progetto è stato ideato come un insieme di quattro volumi che vedranno la luce a novembre, febbraio, aprile e giugno, e che conterranno quattro CD pieni di rarità, inediti e versioni alternative dei nostri brani più celebri, oltre ai nostri album in originale. E’ un’iniziativa rivolta ai collezionisti e, mi rendo conto, è un progetto estremamente ambizioso. Proprio per venire incontro agli acquirenti, abbiamo deciso di suddividerlo in quattro parti, in modo che il prezzo sia più contenuto e le dimensioni dei box più ridotte”.

Cosa ti fa pensare che, attraverso un’iniziativa simile, i più giovani arrivino a riscoprire la tua band?
“Io confido molto in ‘Loud As F@*k’, perché non solo offre una testimonianza audio di ciò che realmente sono i Crue, ma mostra anche visivamente quella che era la nostra forza. Il DVD contiene i nostri video e alcuni estratti live, l’essenza della musica dei Mötley Crüe. Beh, credo che questo materiale sia l’ideale per rieducare chi, negli ultimi anni, si è distratto nei nostri confronti ed educare chi proprio non ci conosce. Reputo tutto questo interessante, perché mostra la band al massimo splendore, passa in rassegna tutta la nostra carriera e fa vedere a tutti chi realmente erano e sono i Mötley Crüe”.

Avete deciso di intitolare ‘Music To Crash Your Car To’ uno dei vostri box. Alla luce di quanto successo nella vostra carriera (il batterista degli Hanoi Rocks, Razzle, morì in un incidente automobilistico causato da un ubriaco Vince Neil), non pensi che un titolo simile possa suonare almeno di cattivo gusto?
“No, chi ci vuole male legge male in esso. I Mötley Crüe hanno sempre basato la loro vita sull’ironia e questo titolo deve essere letto anch’esso in questa prospettiva”.

Il primo volume di questa serie di box è particolarmente focalizzato sugli anni Ottanta, annate che hanno visto i Crue ergersi a star assolute del music business. Alla luce di quanto sta succedendo oggi, pensi sia possibile per una giovane band ripercorrere quanto faceste voi in quegli anni?
“Non so…non credo, più che altro per il fatto che oggi l’industria della musica è cambiata radicalmente. Le band non fanno più in tempo a costruirsi una carriera, sono rare quelle che arrivano al terzo disco e tutto verte su di un singolo. Se la prima canzone si rivela un successo, allora l’etichetta ci investirà su e ti promuoverà, altrimenti ti metterà alla porta. Le case discografiche sono popolate da animali differenti da quelli che ci hanno fatto crescere negli anni Ottanta, animali resi con la bava alla bocca da una situazione discografica decisamente critica e assolutamente non disposti a darti la minima chance di emergere. Oggi il lavoro migliore lo compiono senza dubbio le etichette indipendenti, primo perché sono state create da persone che, principalmente, erano tuoi grandi fans, poi perché ti consentono di tornare all’origine, di riscoprire le tue radici e di costruirti un futuro. Prendi la mia nuova band, i Brides Of Destruction: stiamo lavorando per sbarcare in tutte le principali radio metal americane, vogliamo comparire sui principali magazine musicali, vogliamo proporci come una band “cool”, in grado di spaccare il culo a chiunque, e per fare questo siamo riusciti a ritrovare quell’entusiasmo, quella carica, che era tipica dei Mötley Crüe al tempo di ‘Too Fast For Love’”.

Visto che hai citato i pompatissimi Brides Of Destruction, cosa ci dobbiamo attendere dal loro sound?
“Qualcosa di più punk rispetto al tipico sound dei Mötley Crüe. È però qualcosa di roboante, di sfrontato com’erano i primi Crue, però sono convinto che i nostri fans, ascoltandolo, possano rimanere abbastanza spiazzati, sorpresi. E’ un sound personale che difficilmente può essere accostato a qualcosa che si sente in giro. Non è moderno, non è rock alternativo…è un lavoro sanguigno, perché mi ha ricondotto alle mie radici, dove si trovano valanghe di Sex Pistols, Ramones, Ac/Dc. E’ una riscoperta del mio passato attraverso una visione più attuale della musica. Credo che entusiasmerà molti nostri fans e ne catturerà di nuovi”.

Il nome dei Mötley Crüe è ritornato prepotentemente a galla con ‘The Dirt’, da molti considerata una sorta di “bibbia del rock”. Quanto è stato difficile prendere la tua vita e gettarla in pasto ai lettori?
“Una delle caratteristiche che hanno da sempre contraddistinto i Mötley Crüe, è l’onestà. E per noi essere onesti è una cosa normale, semplice se vuoi. Per noi scrivere questo libro è stato molto facile, perché si è trattato semplicemente di raccontare la verità. Ricordati, è difficile ricordarti le bugie, ma non è affatto un problema ricordare la verità. Mi rendo conto che alcuni passaggi della nostra biografia possano risultare “pesanti”, estremi, però anche l’aspetto più oscuro della nostra vita poteva racchiudere qualcosa che avrebbe potuto emozionare il lettore, e per questo è stato molto semplice narrarlo con naturalezza”.

Tutto quello che avete scritto e raccontato in questo libro, quindi, dalla prima all’ultima riga è autentico al 100%…
“Assolutamente, al 100%”.

Quindi ti rendi conto che, se oggi sei qui a fare interviste, non sei stato fortunato, lo sei stato molto di più…
“Sì, sono la persona più fortunata di questo mondo, in tutti i sensi! Credo che i Mötley Crüe abbiano rappresentato, come stile di vita, ciò che negli anni Settanta erano stati i Sex Pistols. Noi, però, abbiamo avuto una fortuna maggiore, perché dal baratro siamo riusciti a tornare a galla e a ricostruirci una nuova vita. Oggi, se guardo al mio passato, faccio fatica a comprendere certi miei comportamenti, certe mie azioni, e mi rendo conto come ogni mio concerto sarebbe potuto essere l’ultimo e come l’essere oggi qui sia un dono immenso”.

Ora che ti sei confrontato con la penna e con le sette note, pensi sia più difficile scrivere un buon album o un libro shockante come ‘The Dirt’?
“Senza dubbio è più facile scrivere un libro, perché se sei onesto non devi fare altro che raccontare te stesso, mentre per scrivere un disco devi porti degli obiettivi e devi lavorare duro per raggiungerli, confrontandoti spesso con gli altri, con chi ti sta attorno e, soprattutto, con una scena che cambia a vista d’occhio”.

Presto uscirà il tuo secondo libro, la tua autobiografia ‘The Heroin Diaries’…
“Sì, ‘The Heroin Diaries’…conto di farlo uscire all’inizio del 2004 e non sarà altro che il mio personale diario del biennio 1986/1987 (gli anni delle overdosi e della tossicodipendenza “totale”, N.d.A). Non è altro che la storia di un ragazzo la cui vita era inquinata, devastata dalla dipendenza dall’eroina. In quel periodo avevamo un jet personale, riempivamo gli stadi, Rolling Stone ci dedicava copertine su copertine…eravamo al top, per la band era il periodo che avevamo atteso a lungo, sognato e conquistato con grandi sacrifici, ma come scrivo sul mio diario, la mia visione di quel periodo era totalmente deviata dalla droga, tanto da farmi pensare di vivere costantemente a cavallo di una mastodontica illusione”.

Quanto è differente il ragazzo descritto in ‘The Heroin Diaries’ da quello che mi sta parlando in questo momento?
“Quel ragazzo non c’è più. Sono cresciuto poco per volta, sono maturato, e crescere non significa solo accumulare anni di vita, significa soprattutto aprire gli occhi sugli errori fatti in passato e sforzarsi a non commetterli più. E alla luce di quanto combinato nella mia vita, ti assicuro che è una cosa molto buona!”.

In ‘The Dirt’ emerge forte come, la paternità, ti abbia aiutato in questo processo di crescita…
“Assolutamente! Perché questo? Perché quando diventi padre ti scatta qualcosa dentro che ti porta a cambiare quasi con naturalezza. Quando sei solo hai la tua vita in mano e decidi tu di che morte devi morire; la tua famiglia, la tua band, la tua donna contano solo marginalmente, perché sei tu a determinare la tua vita. Ma quando diventi padre, è la vita di queste creature che ti viene messa in mano e sei tu a dover decidere per loro, e allora cambi. Io ho due figli, ed è stata la loro nascita a far scattare in me l’impulso a reagire, ad abbandonare il ragazzino insicuro che era Nikki Sixx e a diventare finalmente uomo”.

Nell’ultimo periodo sei stato impegnato al 200% nella stesura dei libri, nella realizzazione di vari box, nella supervisione del film, nel progetto Brides Of Destruction… dove trovi l’energia e la motivazione per continuare a sbatterti in questo modo?
“Ho sempre avuto questa convinzione: alla creatività e all’ispirazione è impossibile mettere un freno. Possono passare venti anni, ma se l’ispirazione continua a fluire non si può tentare di sopprimerla. Io mi sento estremamente creativo, ispirato, carico di emozioni la cui espressione è l’unico modo per farmi stare bene. Cerco quindi ogni sbocco possibile per poter dare sfogo alla mia creatività, cerco in ogni cosa attorno a me una fonte di ispirazione, e tutti gli elementi che hai appena citato non sono altro che strumenti per esprimere ciò che ho dentro a livello emotivo”.

Ultimamente si sta assistendo al prepotente ritorno sulle scene di tutte quelle band che, negli anni Ottanta, avevano condiviso con voi la scena hard rock, dai Twisted Sister ai Faster Pussycat passando per Skid Row e L.A. Guns. Pensi sia giunto il momento di una nuova esplosione del vecchio hard rock, o è solo un’illusione?
“Credo che questo ritorno sia quanto i fans vogliono da sempre, e credo la scena sia ricca di band in grado di dare loro ciò che realmente desiderano. Il vero problema è trovare dei gruppi in grado di fare da traino a questa scena, un po’ come abbiamo fatto noi, i Guns’n’Roses o, in altri campi, i Metallica. Al tempo eravamo considerati i nuovi Aerosmith o Rolling Stones, oggi band con questo carisma non se ne trovano, e questo potrebbe rappresentare un freno per il ritorno in grande stile di questo genere”.

Non trovi strano il fatto che nuove band nascono in continuazione, ma alla fine sia su disco, sia in chiave live, le performance migliori continua a sfornarle la “vecchia guardia”?
“Sì, ma questo va letto, secondo me, in chiave positiva. La mia speranza è che le giovani band prendano questi lavori come spunto, come stimolo per progredire a loro volta, per crescere e acquisire la consapevolezza nei propri mezzi, un po’ come facemmo noi ai nostri tempi con i Sex Pistols ed i Rolling Stones. E, perché no, diventare a loro volta uno strumento di riscoperta del passato per i nuovi fans, invitandoli ad avvicinarsi con la loro musica a quelle band che sono state loro d’esempio, magari proprio i Mötley Crüe”.

In precedenza hai accennato ad un futuro tour. Sarà ancora una volta ristretto alla sola America o finalmente ritornerete anche in Europa?
“No, questa volta quando parlo di tour mi riferisco ad un tour mondiale. Per noi è di vitale importanza suonare in ogni parte del mondo, vogliamo portare il nostro personale saluto in ogni angolo della Terra”.

Quindi anche in Italia…
“Assolutamente. Ho le mie scuse da porgere ai fans italiani, scuse per non aver potuto suonare come e quanto avrei voluto nel vostro Paese. Nel 2005 arriveremo di sicuro e, per farci perdonare le nostre mancanze, spaccheremo il culo come in nessun altro posto del mondo!”.

Mötley Crüe – ‘Music To Crash Your Car To, Volume 1’
(Hip-O Records/ Universal)

Quando si dice il destino. Dopo i fasti di ‘Dr. Feelgood’, alla luce dei fatti l’ultimo, grande album firmato Mötley Crüe in grado di proiettare ancora una volta Nikki Sixx e soci davanti a migliaia di persone negli stadi di tutto il mondo, la carriera discografica dei re del glam rock era stata un inanellarsi di flop discografici (almeno da un punto di vista commerciale) che avevano fatto fortemente vacillare il nome di quella che era stata la più famosa ed oltraggiosa rock’n’roll band degli anni Ottanta. Poi, tutto ad un tratto, il nome dei Mötley Crüe torna prepotentemente a galla e, ironia della sorte, a farlo riaffiorare dall’anonimato non è né un nuovo studio album, né l’ennesimo greatest hits gettato sul mercato tanto per movimentare le acque attorno al nome della band, bensì un libro. ‘The Dirt’, l’autobiografia della band edita in Italia da Sperling&Kupfer, è deflagrata nel mondo della musica rock lasciando fortemente il segno e divenendo, in brevissimo tempo, un must. Senza troppe remore, Nikki Sixx, Vince Neil, Tommy Lee e Mick Mars mettono sulla carta la loro vita, i loro eccessi, le loro dipendenze, spiattellando con ironica crudezza le loro manie di rockstar passando da abusi di eroina ed arrivando alle pratiche di sesso estremo. Il lato musicale, quello che ha reso celebri (e miliardari) i Crue nei decenni passati e che, in ‘The Dirt’, viene spesso sacrificato a favore di aspetti più inerenti alla vita privata dei quattro musicisti americani, viene oggi sviscerato attraverso una iniziativa ambiziosa che dovrebbe portare nelle mani dei cultori del genere nonché degli afecionados dei Crue, tutto quanto è in qualche modo legato alla carriera discografica della band. ‘Music To Crash Your Car To’ è il titolo dell’ “autobiografia in musica” dei Mötley Crüe, un ambizioso progetto basato su quattro box-set contenenti a loro volta quattro CD che ripercorreranno l’intera produzione musicale di Sixx e compagni e il cui primo volume, come era intuibile, ha visto la luce con l’avvicinarsi del Natale.
Presentato in un elegante box in finta pelle di iguana (va detto che poche rock band hanno avuto il medesimo “gusto” dei Mötley Crüe in fatto di box, forse giusto i “padri” Kiss) e corredato da un booklet di 60 pagine a colori ricco di suggestive foto d’epoca, ‘Music To Crash Your Car To, Volume 1’ introduce l’ascoltatore nel mondo dei Mötley Crüe partendo dai loro primi passi mossi nel 1981 e arrivando all’esplosione su scala mondiale avvenuta nel 1987 e, per far questo, si serve non solo delle composizioni presenti nei primi quattro album ufficiali della band, ma soprattutto di versioni demo, estratti live, registrazioni alternative e rough mix, per un totale di 70 brani! Il primo CD si apre con quello che è il vero piatto forte dell’intero box. Per la prima volta, infatti, i Crue rendono disponibile la primissima versione di ‘Too Fast For Love’, quella pubblicata nel 1981 dalla Leathur Records, la label di “casa” e oggi oggetto di culto conteso a suon di dollari dai collezionisti più incalliti. Quella versione, il cui missaggio è decisamente zoppicante, vedeva nella tracklist la presenza di ‘Stick To Your Guns’, traccia poi depennata nella seconda edizione dell’album, quella pubblicata un anno più tardi dalla Elektra. Quest’ultima versione è contrapposta, nel “Disc One” a quella precedente, per consentire all’ascoltatore di meglio apprezzare i primi (impercettibili) miglioramenti di queste rockstar in erba.
Il secondo CD parte anch’esso con due vere chicche, ‘Toast Of The Town’, una delle prime song composte dai Mötley Crüe, rimasta a lungo inedita e portata sino ad oggi soprattutto dai Pretty Boy Floyd che la fanno loro sul celebre ‘Leather Boyz With Electric Toyz’, e la frizzante ‘Tonight’, cover dei Raspberries anch’essa figlia dei primi vagiti del gruppo losangeliano. L’integrale riproposizione di ‘Shout At The Devil’, secondo album datato 1983, precede quindi una serie di versioni demo di brani più o meno celebri destinati a sfociare in ‘I Will Survive’, sino ad oggi solo disponibile come bonus nella versione “1999” di ‘Too Fast For Love’. Una primizia per collezionisti. Si attenua leggermente l’interesse con i terzo disco della serie, privo di inediti e infarcito di versioni demo e mix alternativi di quei brani che hanno poi composto ‘Theatre Of Pain’, lavoro datato 1985 che ha segnato l’inizio del successo dei Crue grazie soprattutto al boom radiofonico della ballata ‘Home Sweet Home’ e della cover dei Brownsville Station ‘Smokin’ In The Boys’ Room’, e che in questo CD viene ancora una volta riproposto integralmente. Non è però il conclusivo solo di batteria di Tommy Lee, né lo strumentale di ‘Home Sweet Home’ a portare questo capitolo del box al livello di interesse dei due precedenti. Il primo volume di ‘Music To Crash Your Car To’ si chiude con il boom del 1987 e con quel ‘Girls, Girls, Girls’ che, per i Crue, ha significato successo planetario. Il disco qui viene completato da alcune versioni demo (la title track, ‘Wild Side’, ‘Nona’), dal live di ‘All In The Name Of…’ e dalla rarità ‘Rodeo’ già bonus sulla riedizione del 1999 del disco. Nel complesso un lavoro notevole (se considerato nella sua globalità) del quale ‘The Dirt’ potrebbe benissimo essere una valida guida all’ascolto, il cui acquisto, però, difficilmente potrebbe essere consigliato ai neofiti della band. Per tutti coloro per i quali “sesso, droga e rock’n’roll” rimane una legge imprescindibile, per chi ha votato la propria vita a lipstick e capelli cotonati ed ha ancora sul comodino il mezzo busto di Vince Neil, questo cofanetto potrebbe rappresentare un traguardo da perseguire ad ogni costo.

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